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Le modalità di richiesta di rinegoziazione di finanziamenti bancari e la rilevanza del probation period e cure period.

di Antonio Esposito

Nell’ambito del ciclo di vita di un finanziamento, il credito viene innanzitutto classificato come performing  o non performing, laddove per performing si intendono le esposizioni in bonis verso imprese in grado di onorare i propri impegni, e non performing gli atri casi, che si suddividono in:

Esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate: posizioni scadute o con sconfinamenti anche parziali da oltre 90 giorni [1];

Unlikely To Pay (UTP ), inadempienza Probabile : posizioni per le quali è necessario il ricorso ad azioni legali per ottenere l’adempimento, anche in assenza di sconfinamenti;

Sofferenze: esposizioni nei confronti di un soggetto in stato di insolvenza, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita.

Fermo restando la suddivisione tra performing e non performing, le posizioni possono beneficiare di diverse forme di rinegoziazione, tali operazioni si configurano come Forborne, inizialmente performing.  

Con la richiesta di revisione, l’azienda entra in un periodo di tolleranza definito probation period diventando una sorta di “osservato speciale”, nel corso del quale, senza ulteriori ritardi o sconfinamenti[2], resta in bonis. Negli altri casi, la posizione diviene Forborne non performing entrando in quello che viene definito cure period.

I tempi della richiesta e il dimensionamento della misura di Forbearance, assumono dunque una rilevanza fondamentale inquanto una richiesta tardiva ovvero tarata su impegni non sostenibili nei successivi 12/24 mesi può complicare ovvero rendere tecnicamente improbabile il rientro in bonis. Per tale motivo, l’entità della rimodulazione, i termini e le milestone su cui si basa la richiesta vanno analizzate in modo appropriato, esponendo con in modo puntuale e circostanziato le ragioni esterne ed interne alla base della proposta.

Per certi aspetti, un piano di rimodulazione presenta complessità talvolta maggiori rispetto alla presentazione di un business plan a supporto di una richiesta di nuova finanza. Pur avendo una finalità analoga ad un’operazione di nuova finanza, il contesto nel quale viene formulato e l’entrata nella fase di probation period prima e cure period dopo, richiedono un rafforzamento dei presidi previsti per il monitoraggio dei flussi di cassa ed il controllo del DSCR.  

L’attendibilità delle previsioni assume un ruolo cruciale perché la classificazione Forborne non contempla la solidità delle garanzie, in quanto la natura della revisione è esclusivamente focalizzata sulla verifica della capacità di rimborso dell’azienda, non rilevando la solidità della protezione [3].

Fermo restando il contesto nel quale nasce l’esigenza di rimodulazione, per dar corso ad una misura di Forbearance occorre che:

  • la banca accerti la presenza di difficoltà temporanee manifeste o che possono avverarsi nel breve periodo;
  • la rinegoziazione delle condizioni contrattuali viene accordata a fronte di specifiche difficoltà probabili evitando l’aggravamento della posizione;
  • lo stato della difficoltà finanziaria dev’essere valutato mediante un percorso definito.

Rientrano in tale classificazione, la rimodulazione del debito a medio-lungo termine attraverso la rinegoziazione della durata, l’allungamento del periodo di preammortamento o il rimborso parziale e la rinegoziazione delle garanzie, le moratorie, i consolidamenti, fino alle più rare erogazioni di nuova finanza destinata a favorire il riequilibrio dell’esposizione stessa.

Con la classificazione in Forborne la banca “congela” la valutazione del rating che può peggiorare nel caso di criticità nel corso del probation period, ma non migliorare, almeno fino all’uscita da tale classificazione.

Una misura di Forbearance è, in genere, implicitamente correlata ad una situazione di difficoltà finanziaria.

Nell’ambito della manutenzione del credito di importanti realtà aziendali con programmi rafforzamento organizzativo, crescita interna ed esterna sono state attivate misure analoghe, non spinte da esigenze di cassa, ma come soluzione alternativa, rapida ed efficiente, al reperimento di nuova finanza, generando cassa con l’allungamento dei piani di ammortamento ed ottenendo l’effetto equivalente ad una nuova esposizione, ma a condizioni più favorevoli.

La soluzione proposta è risultata rapida, perché un’istruttoria di una posizione già monitorata è evidentemente più semplice di una nuova operazione, efficiente in quanto quand’anche il rating dell’azienda richiedente vada in freeze, se i tassi dell’operazione riscadenzata sono agganciati a condizioni competitive, le stesse risultano migliorative rispetto alle attuali condizioni di mercato.

Tale opzione, si ritiene proponibile, anche in considerazione della circostanza che lo status di Forborne non è un’operazione finanziaria autonoma, ma una classificazione, e pertanto non ha riflessi sulle segnalazioni in Centrale dei Rischi.

Chiarito le misure di Forbearance costituiscono comunque un percorso tecnicamente complesso e che è essenziale disporre di strumenti di pianificazione e monitoraggio della qualità delle previsioni, si ritiene ragionevole proporre ai finanziatori con i quali vi siano operazioni in corso una revisione dei piani di rimborso anche per motivazioni diverse dalla presenza di difficoltà effettive o potenziali.

Circostanza applicabile nei soli casi in cui si dimostri che la cassa eccedente vada a potenziare gli asset materiali o immateriali, la crescita della marginalità ovvero generi benefici su uno o più dei KPI target individuati in sede implementazione degli adeguati assetti organizzativi, creando le condizioni per un rafforzamento competitivo della società e dunque di un implicito miglioramento della qualità del credito

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Human-Induced Methane Emissions – Future Scenarios — Environmental Graphiti

[1] Superamento del limite assoluto pari a 100 euro per le esposizioni retail e pari a 500 euro per le esposizioni diverse da quelle retail; e del limite relativo dell’1% dato dal rapporto tra l’ammontare complessivo scaduto e/o sconfinante e l’importo complessivo di tutte le esposizioni creditizie verso lo stesso debitore.

[2] Ad esempio entità della garanzia, valore di mercato dei beni ipotecati-.

[3] Superiori a 30 giorni

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Human-Induced Methane Emissions – Future Scenarios — Environmental Graphiti


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I piani industriali delle società partecipate alla luce dei nuovi programmi di prevenzione del rischio

Articolo pubblicato su Poliorama (www.poliorama.it) – Rivista di economia, politica e diritto.

di Pasquale Russiello

Le società a controllo e partecipazione pubblica (“Società partecipate”)[i] per effetto del combinato disposto del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (“TUSP”) e del nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza delle Imprese (“CCII”) sono chiamate a redigere adeguati programmi di valutazione del rischio e adottare appropriati presidi organizzativi.

Come indicato dall’Osservatorio Enti Pubblici e Società Partecipate istituito dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili[ii] e dal MEF nell’ambito del “Programma di valutazione del rischio di crisi aziendale delle società partecipate”[iii], per assolvere alle prescrizioni, solo in parte sovrapponibili, dei due presidi normativi, il management delle società partecipate deve adottare un set di soluzioni finalizzate a:

i) individuare le aree di rischio e le variabili esterne che possono provocare squilibri gestionali, economico e finanziari, (approccio “forward looking”) e le opportunità di miglioramento delle performance;

ii) implementare specifici strumenti di monitoraggio predisposti in linea con la mappa dei rischi ed in grado di intercettare gli eventuali segnali premonitori della crisi (sistema di “early warning”);

iii) qualificare le previsioni economico-finanziarie, conferendo attendibilità e concretezza ai modelli impiegati per effettuare i controlli e adottare le opportune decisioni.

Rispetto agli autorevoli contributi in tema di strumenti di prevenzione dei rischi e adozione degli adeguati presidi organizzativi, la Fondazione Ifel Campania, basandosi sulla costante attività di ricerca ed alcune esperienze empiriche, intende fornire un proprio contributo partendo dall’evoluzione del ruolo del piano industriale, aggiornato alla luce delle indicazioni del TUSP e del CCII.

Contenuti del piano industriale delle partecipate

La costruzione e le finalità del TUSP e del CCII contemplano un’ampia casistica, comunque incentrata sulla gestione di una situazione di crisi. Nel TUSP, in particolare, sono esplicitati i contenuti dei piani di ristrutturazione[iv] e di risanamento[v], documenti essenziali per dar corso a percorsi di fuoriuscita da situazioni di crisi con diversi livelli di reversibilità.

Con il presente contributo, si intende innanzitutto rappresentare che esistono molteplici partecipate che svolgono performance in condizioni di assoluta efficienza e che possono incidere positivamente sull’azione amministrativa degli Enti locali e sulla qualità dei servizi erogati alla proprietà ed alla collettività. All’uopo, si ritiene opportuno introdurre il concetto di “mappa delle opportunità” come spunto di riflessione da affiancare alla mappa dei rischi, indicata dalle normative vigenti.

Tra le opportunità da porre all’attenzione della governance, si indicano, a titolo esemplificativo: il potenziamento degli investimenti in asset materiali, immateriali, la qualificazione del capitale umano, l’adozione di nuove tecnologie, il perseguimento del risparmio energetico, la redazione di bilanci di sostenibilità e la rilevazione della rendicontazione non finanziaria contribuendo alla diffusione dei principi ESG.

Aperto uno spiraglio ad un forward looking che contenga l’enunciazione delle aree di miglioramento aziendali e di impatto sulla collettività, ovvero non solo incentrato sul monitoraggio dell’andamento inerziale esposto a rischi esterni ed interni, il piano industriale da documento finalizzato a proiettare le evoluzioni gestionali ed organizzative e simulare la situazione economico finanziaria pluriennale, deve diventare un processo in continua evoluzione più che un un’attività straordinaria, periodica, e di senso compiuto.

Un processo che consenta di:

  • Rappresentare la sussistenza, in itinere, dei requisiti tecnici, organizzativi e finanziari, in coerenza con le attività esercitate.
  • Mappare i rischi esterni ai processi governabili nell’ambito delle relazioni tra proprietà e management.
  • Gestire il costo marginale, dimostrando l’attitudine a perseguire l’efficienza gestionale con un approccio quantitativo e dinamico.
  • Identificare le metriche su cui basare la costruzione delle previsioni, esplicitando le variabili con impatti potenziali sugli scenari e le regole per il monitoraggio.
  • Sviluppare le previsioni di cassa, con un livello di dettaglio, range temporale e di sensitività proporzionato alle peculiarità del servizio, le caratteristiche aziendali e il contesto esterno nel quale la stessa opera.

Permanenza dei requisiti formali e sostanziali per gli affidamenti diretti

Oltre al rispetto delle condizioni previste dall’assetto societario ed alle modalità di espletamento del controllo analogo che configurano una società come controllata o partecipata pubblica, le società partecipate per ottenere affidamenti diretti devono monitorare costantemente la sussistenza di adeguati requisiti organizzativi, gestionali, tecnici e finanziari.

Tale verifica parte dall’analisi delle caratteristiche del servizio per riscontrare l’idoneità dell’azienda ad erogarlo in condizioni di continuità, efficienza ed economicità e procede con l’osservazione sistematica del modello gestionale, verificando la permanenza dei requisiti sostanziali, oltre che formali, a fornire le migliori prestazioni possibili nell’interesse dell’utenza e della committenza.

Il suddetto riscontro assume una connotazione continuativa e dinamica e non straordinaria e periodica. Nel corso del tempo, le esigenze che l’ente pubblico proprietario intende soddisfare mediante una propria partecipata, possono modificarsi, così come, pur permanendo in una condizione di continuità aziendale, la partecipata può subire delle evoluzioni che la rendono più o meno idonea a svolgere il servizio così come è venuto a configurarsi per effetto di contingenze non sempre prevedibili.

La verifica ex ante dell’adeguato assetto organizzativo ha quindi una natura tecnica-gestionale-organizzativa, configurandosi come due diligence industriale e prevedendo l’emersione di mismatch, anche potenziali e talvolta di non semplice rilevazione, tra la tipologia di servizio richiesto e lo stato di salute aziendale.

Mappatura dei fattori esogeni

Verificati i requisiti essenziali per l’erogazione dei servizi, il piano industriale deve contemplare un’analisi dei potenziali rischi che a vario titolo possono incidere sull’equilibrio organizzativo, tecnico, economico o finanziario.

Per fattori esogeni, si intendono tutte le variabili esterne al governo societario ed alle leve attivabili dalla proprietà. Nel corso degli ultimi anni, la crisi pandemica, il conflitto russo-ucraino con l’impennata dei costi dell’energia, l’inflazione, la crescita dei tassi di interesse e del costo del debito, la crisi israelo-palestinese, sono risultati fattori che, con diversa intensità e tempi di impatto, hanno inciso sull’equilibrio aziendale.

Questi aspetti, quali a titolo esemplificativo: il costo dell’energia che induce a valutare investimenti in nuove soluzioni di approvvigionamento energetico o il costo del debito che apre a considerazioni sulla composizione delle fonti, relegati in passato nel novero delle ipotesi generiche, negli ultimi anni si sono dimostrati decisivi sull’equilibrio aziendale.

Monitoraggio del costo marginale

La struttura dei costi e le modalità di approvvigionamento dei fattori produttivi costituiscono la base su cui viene calcolato il punto di pareggio, vengono sviluppate le previsioni in termini di ricavi e si misura la marginalità lorda e operativa, adottando anche analisi di scenario, laddove il contesto preveda range di oscillazione potenzialmente rilevanti. Il controllo dinamico della struttura dei costi è, pertanto, una componente imprescindibile del piano industriale, nel quale vanno contemplate tutte le possibili variabili che possono avere un impatto deliberato o emergente sulla continuità aziendale.

Atteso che gli strumenti proposti si basano su rilevazioni di natura prevalentemente finanziaria e non consentono di ‘’predire’’ lo stato di crisi, ma di rilevarlo, il concetto di costo marginale introduce un approccio basato sul monitoraggio della redditività mensile e progressiva, rendendo leggibili i segnali premonitori di crisi di natura economica, sin dalla fase di incubazione.

Il monitoraggio del costo marginale e la verifica della redditività lorda e operativa costituiscono un baluardo al controllo dell’economicità della gestione e contribuiscono, in modo oggettivo, a far emergere tempestivamente i rischi di inefficienza, favorendo la diagnosi e la perimetrazione delle aree di intervento, anticipando il processo decisionale.

Identificare le metriche e costruire il modello di calcolo

La definizione delle variabili di impatto sulla struttura dei costi e dei ricavi e delle modalità di monitoraggio da eseguirsi con periodicità rapportata alle caratteristiche dimensionali, settoriali, patrimoniali e l’esposizione a rischi esterni, sono quindi propedeutiche alla proiezione dei flussi di cassa.

Considerata la diffusa convergenza, sia in un’ottica TUSP che CCII, sulla necessità di verificare l’andamento dei flussi di cassa a dodici mesi, ritenuti l’elemento cardine per il riscontro dello stato di salute aziendale, i temi su cui si è concentrata l’attenzione di Ifel Campania riguardano proprio le variabili che deve contemplare il modello di calcolo impiegato per sviluppare le previsioni economiche ed i criteri da adottare per tradurre tali performance sull’equilibrio finanziario di brevissimo, breve e medio termine.

Il modello su cui vengono impostate le assumption del conto economico, deve quindi fissare con precisione i margini di oscillazione dei fattori produttivi e le modalità con cui gli stessi impattano sulla marginalità lorda e operativa, inquanto tale impostazione costituisce il motore sul quale girano le variabili che incidono sui flussi di cassa. La costruzione del modello matematico riveste, pertanto, una rilevanza cruciale ai fini dell’attendibilità dei dati di input recepiti dal cash flow prospettico.

Sviluppare le previsioni di cassa

La presentazione di sintesi del modello di redazione del piano industriale compliance con le prescrizioni TUSP e CCII messa a punto da Ifel Campania, si completa con la definizione dei flussi di cassa mensili, intesi quale momento chiave del monitoraggio dello stato di salute aziendale, nonché quale adempimento formale per l’individuazione preventiva dell’insorgere di uno stato di crisi.

Le previsioni riguardanti i flussi di cassa assolvono al proprio ruolo, solo in presenza di dati attendibili e di modelli coerenti con le variabili esterne e congruenti rispetto alle correlazioni interne. Il cruscotto di monitoraggio è, dunque, necessario, ma diviene idoneo solo in presenza di una costruzione di fondo che rispetti le peculiarità del contesto aziendale e del servizio erogato. A testimonianza della necessità di approcciare le previsioni in modo personalizzato, si rappresenta il caso della proiezione temporale di visibilità dei flussi, diffusamente fissata a 12 mesi.

Ipotizzando una società che abbia un’importante finanziamento in corso con un periodo di preammortamento pari a 18 mesi, ovvero una che abbia previsto una restituzione bullet a 24 mesi, la visibilità a 12 mesi, appare del tutto inadeguata, in quanto i flussi subiscono uno shock correlato al manifestarsi di quelle uscite che si verificano in un periodo non monitorato dal cruscotto tarato, secondo prassi e non valutazioni specifiche, sui 12 mesi.

Concludendo, il modello di predisposizione dei piani industriali delle partecipate messo a punto da Ifel Campania, oltre a recepire tutte le indicazioni proposte dall’Osservatorio delle partecipate pubbliche e dal MEF, concentra l’attenzione sulla necessità di adottare una metodologia rigorosamente ispirata alla personalizzazione dei casi che preveda l’introduzione di una cultura aziendale ispirata al controllo analitico dei costi ed introduca la prassi del monitoraggio mensile, come elemento chiave per l’effettivo riscontro dello stato di salute dell’azienda e la condivisione, tempestiva, con la proprietà e gli organi di controllo, degli eventuali interventi necessari. Intendendo per tale non solo comportamenti ispirati al principio di prudenza e prevenzione della crisi, ma anche la promozione di scenari di crescita, miglioramento delle performance aziendali e della qualità dei servizi erogati.

[i] Secondo l’art. 2 (Definizioni) il D.L. 19 agosto 2016, n. 1 – Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, per ‘’società a controllo pubblico ’’ (lettera m), si intendono le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b); le ‘’società a partecipazione pubblica’’ sono le società a controllo pubblico, nonché le altre società partecipate direttamente da amministrazioni pubbliche o da società a controllo pubblico.

[ii] LA CRISI NELLE SOCIETÀ PUBBLICHE, TRA TUSP E CCII

[iii] Consultazione pubblica sulle indicazioni della Struttura di monitoraggio sull’attuazione del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (TUSP) in merito ai principali contenuti del Programma di valutazione del rischio di crisi aziendale, da adottare ai sensi dell’art. 6, comma 2, del TUSP. INDICAZIONI SUL PROGRAMMA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI CRISI AZIENDALE (Art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 175/2016)

[iv] Articolo 14 comma 4 del TUSP.

[v] Articolo 14 comma 5 del TUSP.

[iv] Articolo 14 comma 4 del TUSP.

[v] Articolo 14 comma 5 del TUSP.

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Gli accordi in esecuzione dei piani di ristrutturazione, come soluzione per la gestione del debito anche delle società a partecipazione pubblica

di Pasquale Russiello

La disciplina del piano attestato di risanamento previsto dall’art. 56 CCII accresce l’efficacia e perimetra gli ambiti di applicazione dello strumento di prevenzione della crisi, già presente nella Legge fallimentare all’articolo 67 comma 3 lettera d).

La nuova previsione indica con maggior dettaglio i requisiti ed il contenuto del piano, il cui tratto distintivo resta l’esclusione dal novero delle procedure concorsuali.

Lo strumento mantiene, dunque, una natura strettamente privatistica ed è finalizzato a favorire le negoziazioni con i creditori, prevenendo l’aggravamento di situazioni di crisi [1] latenti o conclamate e scongiurare l’insorgere di una condizione di insolvenza [2].

Presupposto oggettivo per l’adozione dello strumento è continuità aziendale, ovvero la presenza di uno stato di crisi perimetrato dal punto di vista strategico, determinabile in termini economico-finanziari e rimuovibile con un piano industriale concretamente attuabile.

Per quanto riguarda la tipologia di continuità, anche facendo riferimento a quanto riportato nella relazione accompagnatoria del Codice della crisi in cui si precisa che “il piano mira al risanamento dell’esposizione debitoria e al riequilibrio della situazione finanziaria ed è riservato quindi alle ipotesi di continuità aziendale”, si ritiene che non sussista alcuna preclusione alle ipotesi di continuità indiretta come soluzione alternativa alla continuità diretta.

Ambiti di applicazione e caratteristiche dello strumento

Il piano di ristrutturazione ex art. 56, ha un ambito di applicazione piuttosto contenuto, risultando efficace solo in quelle circostanze in cui la situazione di crisi appare concentrata nell’area finanziaria ed è risolvibile con l’intervento di un numero limitato di creditori. Il piano industriale svolge un ruolo indispensabile, ma in genere non sufficiente ad assicurare la ripresa della continuità aziendale, senza il tangibile e formale supporto dei creditori, attivamente coinvolti nella strategia di ristrutturazione.

Il piano diviene, pertanto, attuabile se è possibile sia determinare in modo puntuale l’ammontare del debito oggetto di ristrutturazione sia dimostrare che il perfezionamento degli accordi è in grado di agire sulla continuità aziendale con un approccio “off/on” consentendo la strutturale ripresa aziendale.

Le caratteristiche chiave dello strumento che si pone come forma di rimedio e prevenzione di situazioni liquidatorie, sono:

  • Il debitore mantiene sempre la titolarità del patrimonio aziendale e della gestione dell’impresa, in quanto il piano di risanamento è del tutto sottratto alla verifica dell’autorità giudiziaria.
  • Deve assicurare la continuità aziendale, in forma diretta o indiretta che va rafforzata, mediate la rimozione delle cause che pregiudicano l’equilibrio finanziario di breve e medio periodo.
  • Non è necessario il coinvolgimento dell’intero ceto creditorio, potendo essere perimetrato ai soli creditori strategici e/o di dimensioni tali da incidere sull’equilibrio di cassa.
  • Deve basarsi su un piano industriale costruito si investimenti con un basso coefficiente di rischio ed impatti concreti e misurabili con metriche attendibili e previsioni rientranti in range di oscillazione tali da consentire la “tenuta del piano” anche al verificarsi di perduranti scenari worst.
  • L’efficacia dell’attestazione può essere condizionata al verificarsi di uno o più eventi, risolvendo il frequente rischio di “riferimento circolare” che si verifica nei casi in cui uno o più creditori richiedono l’attestazione per dar corso alla transazione ed il professionista indipendente [3] si trova a dichiarare una fattibilità economica in assenza della preventiva formalizzazione degli accordi.
  • L’attestazione non prevede la fattibilità giuridica, tale obbligo, presente nella precedente formulazione, è stato esplicitamente rimosso concentrando l’attenzione su contenuti meramente aziendali [4].

Finalità protettive, tutele e limitazioni

La nuova normativa non ha stravolto le finalità protettive dello strumento che consistono nella salvaguardia da revocatoria ordinaria degli atti posti in essere in esecuzione del piano e l’esenzione dai reati di bancarotta e da revocatoria fallimentare.

Più precisamente, l’art. 166 CCII co 3. stabilisce che non sono soggetti all’azione revocatoria – lett. d) – “gli atti, i pagamenti effettuati e le garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano attestato di cui all’articolo 56 o di cui all’articolo 284 e in esso indicati. L’esclusione non opera in caso di dolo o colpa grave dell’attestatore o di dolo o colpa grave del debitore, quando il creditore ne era a conoscenza al momento del compimento dell’atto, del pagamento o della costituzione della garanzia. L’esclusione opera anche con riguardo all’azione revocatoria ordinaria.”.

L‘accordo di ristrutturazione, non prevede: (a) la moratoria automatica per il pagamento dei debiti;  (b) lo stralcio di debiti previdenziali ed erariali[5]; (c) l’adozione di misure protettive [6]; (d) la sospensione dell’efficacia delle norme societarie in tema di scioglimento e di ricapitalizzazione [7].

Forma e contenuti del Piano attestato

Il piano attestato deve rispettare i contenuti minimi previsti, va redatto secondo i più recenti principi di attestazione, di recente sottoposti alla pubblica consultazione [8] ed essere redatto in modo da risultare sistematico, coerente e attendibile per ristabilire l’equilibrio finanziario di breve e medio periodo e superare gli “stress test” individuati dall’attestatore, in base alle cause della crisi, dell’entità dei correttivi e la complessità del piano industriale sottostante.

Dal punto di vista formale, l’attestazione deve avere data certa, per quanto riguarda i contenuti, l’art. 56 prevede un’articolazione degli argomenti [9] che può essere adattata a seconda delle circostanze e deve, in ogni caso, prevedere una trattazione logica idonea alle finalità dello strumento.

L’iter da seguire per la redazione del Piano, si ritiene, debba partire dalle ragioni che hanno portato all’adozione di tale soluzione, ovvero confermare da subito la sussistenza delle condizioni di continuità aziendale e la perimetrazione dell’area di intervento del piano, indicando in premessa:

  • Le cause della crisi e le ragioni sottostanti al mantenimento e/o raggiungimento della continuità aziendale;
  • La tipologia di prosecuzione, ovvero se la gestione avviene in modalità diretta o indiretta;
  • La portata del piano intendendo per tale l’ammontare di debito oggetto di negoziazione e lo stato della trattativa [10].

Una volta descritti i presupposti, rappresentate le condizioni per la sussistenza della continuità e indicati i criteri alla base della determinazione dell’entità del piano, è opportuno presentare i flussi di cassa prospettici, prevedendo i range di oscillazione e dimostrando la tenuta del Piano nei vari scenari.

Per quanto riguarda il piano industriale, si ritiene che lo stesso costituisca un documento autonomo, essenziale ai fini dell’attestazione del piano che, tuttavia, deve estrarre gli elementi chiave, verificarne la coerenza con le variabili esterne, la congruenza tra le varie assumption interne, nonché la ragionevolezza delle proiezioni e degli impatti economico-finanziari.

Si tratta dunque di verifiche esterne che l’attestatore svolge sulla base delle informazioni disponibili e che non comprendono la concreta fattibilità essendo la stessa correlata ad interventi tecnico-gestionali, talvolta complessi, che richiedono competenze diverse da quelle meramente aziendalistiche ed economico-finanziarie.

Durata del piano e collegamento con le trattative con i creditori

Pur non essendo la durata del piano limitata ad uno specifico numero di anni, si ritiene che la stessa debba essere quanto meno pari all’entrata a regime del piano industriale ed al verificarsi delle condizioni che considerano rimosse le cause della crisi e raggiunta una condizione di continuità tale da ritenere superato il rischio di insolvenza.

Considerato che il piano ha come finalità principale, il supporto alla definizione di accordi con i creditori, formalizzando tempi e modalità di estinzione, l’attestazione può intervenire, dopo, durante o prima la definizione.

Laddove le trattative sono formalizzate, l’attestatore è chiamato a verificare che le condizioni previste negli atti negoziali siano idonee a riequilibrare la situazione economico-finanziaria della società, innescando il processo di ripresa che andrà consolidandosi con l’attuazione del piano industriale.   

In presenza di negoziazioni in corso, la fattibilità del piano deve intendersi sospensivamente condizionata al verificarsi di un evento futuro, quale appunto la firma degli accordi sottoposti all’attestatore nella versione preliminare. In tale circostanza, l’attestazione non è efficace, ma diviene tale solo a seguito della formalizzazione alle medesime condizioni previste nelle versioni oggetto di negoziazione.

Conferma del trattamento non deteriore rispetto alla liquidazione giudiziale.

Fermo restando che lo strumento esclude accordi su debiti fiscali e contributivi, è possibile che tra i creditori figurino uno o più enti o soggetti a controllo pubblico. In queste circostanze, dovendosi prevedere un atto deliberativo da parte di responsabili chiamati a valutare una riduzione delle entrate, sebbene non sia prevista una specifica attestazione [11], si ritiene ragionevole che il creditore richieda una specifica attestazione dalla quale si evinca che la proposta di soddisfacimento del creditore è conveniente rispetto alla liquidazione giudiziale.    

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[1]  Ex art. 2 CCII lett. a) si definisce stato di crisi: “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.

[2] Ex art. 2 CCII lett. b) si definisce stato di insolvenza: “lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.

[3] Ex art. 2 CCII lett. o) professionista indipendente (art. 2 CCII lett. o)).

[4] Pur essendo stata eliminata qualunque verifica preliminare di fattibilità giuridica da parte di un professionista terzo, non essendo previsto alcun controllo del Tribunale, onde evitare l’emergere di criticità di natura giuridica nel corso del piano di risanamento, nei casi in cui vi sia una pluralità di creditori e l’entità della crisi sia di difficile perimetrazione, appare utile menzionare nel piano quanto meno i rischi di natura legale che possono pregiudicare l’attuazione del piano, consultandosi con i legali che assistono il debitore.  

[5] Ex artt. 63 e 88 CCII.

[6] Ex art. 54 CCII.

[7] Ex art. 64 CCII.

[8] Comunicazione di apertura della pubblica consultazione

[9] L’elenco riportato nell’art.56 prevede “la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa; le principali cause della crisi; le strategie d’intervento e i tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria; i creditori e l’ammontare dei crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative, nonché’ l’elenco dei creditori estranei, con l’indicazione delle risorse destinate all’integrale soddisfacimento dei loro crediti alla data di scadenza; gli apporti di finanza nuova; i tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificarne la realizzazione, nonché gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto; il piano industriale e l’evidenziazione dei suoi effetti sul piano finanziario.

[10] Lo strumento, in genere, prevede write-off  di una parte dei crediti e non sono l’allungamento delle scadenze, nel qual caso è attuabile anche l’Accordo di moratoria Ex art. 62 CCII.

[11] Ex art. 88 CCII comma 2.“L’attestazione del professionista indipendente, relativamente ai crediti tributari e contributivi, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale e, nel concordato in continuità aziendale, la sussistenza di un trattamento non deteriore”.


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La revisione dei piani di riscadenzamento per accelerare le valutazioni da parte del sistema bancario

La permanenza del costo del debito su livelli molto superiori alla media degli ultimi dieci anni, richiede provvedimenti preventivi, soluzioni tempestive e nuove forme di collaborazione tra il sistema bancario, le imprese e i professionisti.

Pasquale Russiello


Un numero sempre più elevato di imprese esposte verso il sistema bancario con operazioni a tasso variabile e senza protezione, si trova a rivedere i propri flussi di cassa prospettici aggiornando le previsioni con il nuovo costo del debito.

Sebbene fosse stato agevolmente pronosticabile che al crollo dei tassi sarebbe seguito un riallineamento, molto meno prevedibili, per il mondo delle imprese, erano l’entità del picco e la durata su livelli quali quelli attuali.

Per inquadrare la situazione dalla giusta prospettiva, occorre partire dalla considerazione che ai finanziamenti pre-Covid, si è aggiunta una ingente massa di debito contratta durante e nel post-Covid, è stata erogata in un contesto emergenziale, con:

  • valutazioni di merito creditizio che hanno beneficiato della generosità delle garanzie pubbliche;
  • spread influenzati dall’Euribor a zero e a tratti negativo;
  • criteri di dimensionamento basate sui costi del personale ed il fatturato;
  • adozione di metriche per la capacità di rimborso senza sensitività ai tassi.

Inoltre, per quanto la destinazione dei suddetti finanziamenti, in molti casi hanno riguardato la copertura del deficit di circolante, circostanza che, oltre a non aver inciso sulla capacità competitiva delle aziende migliorandone efficacia e redditività, ha sostituito l’apporto di nuova finanza da parte della proprietà, apporto surrogato da patrimonializzazioni illiquide perfezionate ricorrendo alla rivalutazione degli asset.

Diverse società sono, pertanto, entrate nell’era post-Covid con buoni indicatori di fondo, ma con situazioni di cassa non agevoli, conseguenza naturale di nuovo indebitamento a “salvaguardia della continuità” e della crescita dei tassi. Crescita, è bene evidenziare, correlata all’esigenza macroeconomica di “raffreddamento”  dell’economia e del tutto impermeabile agli effetti sia sui conti economici degli esercizi dal 2022 in poi sia, aspetto ben più preoccupante, della tenuta finanziaria di breve e medio termine di quella porzione dell’universo di imprese non dotate di ampie riserve di cassa.

In un contesto caratterizzato dall’assenza di previsioni attendibili sulla flessione dei tassi, la richiesta di moratoria per un periodo correlato alla permanenza del costo del debito su livelli molto superiori alla media dell’ultimo decennio, viene considerata sia una forma di prevenzione di possibili condizioni di apnea finanziaria, sia un atto dovuto nel rispetto delle prescrizioni sugli adeguati assetti organizzativi.

Dal punto di vista bancario, gli obblighi in materia di monitoraggio della qualità del credito e la tempestiva gestione dei ritardi di pagamento, impone un non agevole lavoro di revisione delle pratiche e la decifrazione delle reali cause dei ritardi, attività essenziale per la corretta classificazione della posizione. Posizioni che, a loro volta, possono collocarsi in un range molto ampio che va dalla temporanea difficoltà a coprire il capitale e i nuovi importi per gli interessi a situazioni di altra portata risolvibili solo mediante il ricorso ad uno degli strumenti di gestione della crisi.

Per facilitare la lettura dello stato di salute delle imprese e delle prospettive di regolare ripresa dei flussi di cassa, e quindi accelerare il processo di revisione delle richieste di moratoria, è opportuno rappresentare ai soggetti finanziatori in modo trasparente il livello di difficoltà nel quale si innesta la richiesta, evidenziando l’impatto degli extra-esborsi per interessi e proponendo soluzioni circostanziate e concretamente praticabili per ritornare in una condizione di continuità aziendale ordinaria e duratura.

Da parte del sistema bancario, si nota una sostanziale predisposizione ad entrare nel merito delle posizioni, la consapevolezza che la massa di oneri finanziari sopportata dal sistema imprenditoriale per ancora non si sa quanto è un evento esogeno, si traduce un approccio collaborativo al reperimento di soluzioni sostenibile.  

Dal punto di vista delle imprese, e degli advisor incaricati, si ritiene che le richieste di moratoria, per loro natura urgenti, possano essere proficuamente accompagnate relazioni redatte da commercialisti con adeguate competenze nella creazione e valutazione di modelli previsionali e comprovata esperienza in materia di analisi e prevenzione della crisi, relazioni riportanti un set di informazioni minime quali: le cause, la portata, le modalità e i tempi di uscita dalla situazione contingente.

Rielaborazione R&P su fonte www.euribor-rates.eu

Immagine “Varying Effectiveness of Mitigation and Adaptation Strategies

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La probabilità di default a supporto degli adeguati assetti organizzativi

Gli indici di monitoraggio dello stato di salute aziendale da semplice output quantitativo a complessi strumenti di controllo della continuità aziendale.


Con l’approvazione del bilancio 2022 è richiesta la formale esplicitazione nella relazione di gestione dell’adozione o meno delle procedure previste dall’art. 2086 c.c. [1] e dell’art. 3, D. Lgs 14/2019, CCII.

L’art. 2086 c.c. prescrive, in capo all’imprenditore, l’obbligo di istituire e monitorarne il corretto funzionamento, e l’efficacia nel tempo, di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura ed alle dimensioni dell’impresa.

Il set di provvedimenti da adottare, sinteticamente definiti adeguati assetti organizzativi, ha come finalità ultima quella di far emergere in modo anticipato gli indizi di una possibile crisi e intercettare i fattori che possono arrecare pregiudizio alla continuità aziendale [2].

Secondo quanto indicato nella norma in vigore dal 15 luglio 2022, i provvedimenti sono idonei se gli output generati consentono di:

a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;

b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di crisi;

c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento […].

Costituiscono segnali predittivi di una situazione di crisi:

a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;

b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;

c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;

d) l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1 [3].

Il dettato normativo indica, al contempo, specifici parametri quantitativi determinabili mediante l’elaborazione periodica di indici non complessi ed un meno dettagliato obbligo di mettere a punto, ed adottare, sia appropriati indici predittivi di crisi aziendale sia un sistema di monitoraggio continuo della continuità aziendale.

Assolto agevolmente il vincolo della rilevazione mensile della situazione finanziaria secondo i valori suddetti ed aggiornato il test pratico, gli amministratori ed i sindaci devono inoltre costruire un sistema di rilevazione, analisi e sviluppo prospettico di dati ed informazioni idoneo a far emergere l’insorgere di una condizione di crisi latente.

Il legislatore, consapevole della complessità degli obblighi, precisa che l’introduzione degli adeguati presidi organizzativi dev’essere adottata tenendo conto delle “specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore” facendo dedurre che i modelli di calcolo preimpostati ed i software dedicati alla restituzione dei parametri chiave svolgono un’utile funzione di supporto, ma gli obblighi di sorveglianza richiedono valutazioni di altra portata.

Inquadramento del contesto, perimetro di analisi e KPI

Tener conto delle caratteristiche dell’impresa significa svolgere una preventiva analisi di contesto, propedeutica alla mappatura delle aree da attenzionare e la determinazione dei KPI specifici da sottoporre a monitoraggio periodico.

Per tracciare il perimetro all’interno del quale svolgere le attività di monitoraggio, amministratori e sindaci, devono tarare gli sforzi in modo appropriato, ovvero comprendere in fondo le peculiarità e le caratteristiche dell’impresa in questione.

Ciò al fine di adottare il corretto mix di strumenti e dare la giusta enfasi ad aspetti pertinenti con la storia dell’impresa, lo standing degli imprenditori, le competenze del management e delle risorse umane, evitando di adottare un rischioso approccio meccanico che risulterebbe inutilmente minuzioso in alcuni casi e pericolosamente superficiale in altri.

A titolo esemplificativo, si propongono alcune delle informazioni da raccogliere per la costruzione del modello, la definizione delle procedure di rilevazione e la determinazione dei KPI:

  • Governance, configurazione familiare, manageriale, ibrida, appartenenza a gruppi, solidità patrimoniale della proprietà.   
  • Modello organizzativo, presenza di competenze risalenti, stabilità degli organi amministrativi.
  • Dimensioni aziendali assolute e relative rispetto al mercato di riferimento, rispetto ai competitor.
  • Caratteristiche del business, andamento storico, congiunturale e prospettico della domanda.
  • Coerenza dei risultati e rispondenza delle previsioni rispetto ai piani industriali precedenti ed alla fase del ciclo di vita.
  • Quota di mercato, presenza di vantaggi competitivi difendibili e durevoli.
  • Presenza di procedure di rilevazione contabile ed extracontabile, livello di dettaglio ed attendibilità delle informazioni impiegate per le rilevazioni.  
  • Composizione aggregata delle fonti e degli impieghi.
  • Caratteristiche della filiera, concentrazione e granularità dei crediti e dei debiti commerciali, solvibilità dei clienti e solidità dei fornitori.
  • Struttura del debito, incidenza di finanziamenti bancari, sistema di garanzie esterne pubbliche o rilasciate da terzi.

Tali indicazioni, suffragate da una diagnosi preventiva e dalle valutazioni richieste caso per caso, consentono di formulare un quadro idoneo a definire gli specifici KPI predittivi dello stato di crisi e mappare le aree di rischio della continuità aziendale.  

La probabilità di default come indicatore sintetico di monitoraggio  

Creare le condizioni affinché il flusso informativo aziendale restituisca parametri aggiornati sull’andamento economico e finanziario non completi, tuttavia, gli obblighi posti dalla norma in capo ad amministratori e sindaci, i quali devono adottare gli strumenti più idonei affinché i creditori sociali non subiscano perdite evitabili inquanto prevedibili.

Se si escludono i casi nei quali le informazioni vengono volutamente alterate per occultare situazioni finanziarie e patrimoniali a danno dei creditori ovvero per fornire un quadro ingannevole della continuità aziendale, per determinare la capacità delle aziende di far fronte alle obbligazioni correnti, è possibile utilizzare come indicatore sintetico l’analisi del rischio di credito il rating e la probabilità di default (PD).

Senza scendere nei dettagli della metodologia di calcolo del rating [4] ciò che si intende proporre è l’adozione di procedure di misurazione del rischio basate su banche dati adeguatamente popolate. I nuovi modelli di valutazione e l’esperienza stratificatasi presso operatori specializzati, consente di confrontare il caso rappresentato da ciascuna azienda con gruppi omogenei ed impiegando parametri costantemente aggiornati.

Il modello di monitoraggio degli adeguati assetti organizzativi e l’introduzione di metriche basate sulle peculiarità aziendali ed il contesto di riferimento, può beneficiare del calcolo periodico del rating e della probabilità di default eseguito con modelli certificati ESMA.

Il procedimento, in sintesi, potrebbe essere il seguente:

  • Identificazione del perimetro di analisi e contestualizzazione delle aree da monitorare.
  • Creazione di un modello di calcolo che sviluppi le previsioni sulla base di dati di base coerenti ed aggiornati con cadenza mensile.
  • Acquisizione mensile della centrale dei rischi per le aziende che beneficiano di finanziamenti bancari e/o rilascino garanzie e dei dati relativi al portafoglio clienti e fornitori, laddove la concentrazione dei crediti e/o debiti rilevi ai fini della continuità aziendale.
  • Aggiornamento progressivo dell’andamento economico finanziario sulla base delle previsioni attese.
  • Popolamento di una piattaforma certificata per il calcolo del rating e rilevazione dell’andamento della probabilità di default.  

[1] Art. 2086 cc. “[…]. L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

[2] Principio Contabile OIC 11

[3] Art. 25-novies (Segnalazioni dei creditori pubblici qualificati).

[4] Mattia Ciprian – APPROCCIO MULTIDIMENSIONALE PER L’ANALISI DEL RISCHIO DI CREDITO | OpenstarTs (units.it)

Cover CORAL REEFS AT RISK

by Alisa Singer – www.environmentalgraphiti.org – © 2018

What’s Alarming

According to the report – Status of Coral Reefs of the World: 2020 – Global Coral Reef Monitoring Network/International Coral Reef Initiative, Executive Summary:  Global Coral Reef Monitoring Network/International:

“Coral reefs occur in more than 100 countries and territories and whilst they cover only 0.2% of the seafloor, they support at least 25% of marine species and underpin the safety, coastal protection, wellbeing, food and economic security of hundreds of millions of people. The value of goods and services provided by coral reefs is estimated at US$2.7 trillion per year, including US$36 billion in coral reef tourism. However, coral reefs are among the most vulnerable ecosystems on the planet to anthropogenic pressures, including global threats from climate change and ocean acidification, and local impacts from land-based pollution such as input of nutrients and sediments from agriculture, marine pollution, and overfishing and destructive fishing practices. Maintaining the integrity and resilience of coral reef ecosystems is essential for the wellbeing of tropical coastal communities worldwide, and a critical part of the solution for achieving the Sustainable Development Goals under the 2030 Agenda for Sustainable Development. …


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I piani attestati per la ristrutturazione di debiti contratti nell’ambito di programmi di agevolazione

Gli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento come soluzione per la ristrutturazione di finanziamenti agevolati scaduti.

Il susseguirsi di eventi esterni che impattano sul normale andamento dei mercati, ha comportato una serie di shock sulle situazioni finanziarie di molte imprese che necessitano di forme di supporto strutturali.

Tra le difficoltà con le quali occorre confrontarsi, si rileva la presenza di molte società che hanno beneficiato di finanziamenti agevolati ottenuti mediante partecipazione a bandi indetti a livello nazionale o regionale e che presentano difficoltà nel rispetto dei tempi di rimborso. I finanziamenti agevolati, riconducibili alla famiglia dei fondi SIE e degli altri fondi di sviluppo europei, hanno un minimo comun denominatore nella rilevata presenza di fallimenti di mercato [1], ovvero nell’esistenza di un mismatch tra l’offerta di capitali e la domanda di nuova finanza, promossa da aziende di tutte le dimensioni ed operanti nei vari settori, di volta in volta, ritenuti ammissibili.

Riprendendo la terminologia del Regolamento UE 1303/2013, si evidenzia che gli incentivi erogati con fondi di investimento e sviluppo europei, si configurano come soluzioni sub-ottimali destinate a colmare un vuoto creato dall’assenza di offerte a condizioni di mercato.

La presenza di un contributo pubblico, riconosciuto mediante finanziamenti diretti, contributi in conto interesse e garanzie, fa assumere, pertanto, una diversa natura a tali tipologie di esposizioni che, se, in senso lato, possono essere assimilate ai debiti verso il pubblico, dall’altro hanno una genesi del tutto diversa, in quanto generati nell’ambito di programmi di crescita e sviluppo ed erogati in presenza di un market failure.

In considerazione della natura dei debiti, dei requisiti soggettivi dei debitori e delle finalità dei prestiti, si ritiene che gli stessi possano essere ristrutturati, purché l’azienda abbia contezza della natura della crisi, disponga di un piano industriale e fornisca dati attendibili sulle previsioni economico finanziarie, traducibili in un piano attestato redatto ai sensi dell’art. 56 del nuovo Codice della Crisi (CCII) [2].

Tale opzione, consente al soggetto gestore di:

Avere un quadro attendibile e certificato della composizione del debito, evidenziando il peso dei finanziamenti agevolati sull’esposizione complessiva.

Far emergere l’entità, la natura dello stato di crisi e la sussistenza dei requisiti per una ripresa della continuità aziendale.

Prevedere l’impatto che potrebbe avere l’inasprimento delle azioni di recupero sullo stato di crisi e sugli altri creditori sociali, ovvero valutare il rischio che la crisi dilaghi, provocando un “effetto domino” su altre aziende collegate al debitore.

Lo strumento proposto, rappresenta un concreto caso applicativo della rescue culture, ovvero della volontà del legislatore europeo di facilitare nelle forme possibili il salvataggio di aziende, in particolare di quelle già considerate meritevoli di un supporto agevolativo, sebbene di altra natura.

Adottando un generale, ma strutturato, approccio alle politiche di recupero gestite caso per caso, i gestori di risorse pubbliche, consentono ai casi di emergere tempestivamente, evitando di incorre negli inadempimenti previsti dal monitoraggio degli adeguati presidi organizzativi ed offrono l’opportunità di mitigare l’aggravarsi di crisi reversibili, prevenendone l’evoluzione in stato di insolvenza di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) o b) CCII [3].

Ciò premesso, si individuano alcune delle caratteristiche che dovrebbe contenere un piano di risanamento redatto con il fine specifico di ristrutturare debiti contratti nell’ambito di programmi di agevolazione [2].

Caratteristiche del piano di risanamento per la ristrutturazione di debiti finanziari scaduti.

Il piano di risanamento per la ristrutturazione di debiti derivanti da finanziamenti agevolati, oltre ad essere redatto, ai sensi art. 56, a cura di un esperto [4] , dovrebbe fornire alcune informazioni essenziali, quali, ad esempio:

  1. La composizione dei debiti che deve prevedere un’incidenza rilevante del finanziamento agevolato rispetto al passivo complessivo, o comunque evidenziare un peso tale da pregiudicare, in caso di escussione, la possibilità di recupero della continuità aziendale.
  2. Un approfondimento di dettaglio sull’esposizione della Beneficiaria, indicando la granularità ovvero la concentrazione dei debiti verso il personale ed altri fornitori di micro o piccole dimensioni che potrebbero subire in effetto contagio dall’aggravarsi della crisi.
  3. Una diagnosi accurata della natura e le cause della crisi che deve descrivere la presenza di fattori esterni e la possibilità di rimuovere gli elementi che hanno comportato l’insorgere o l’aggravarsi della situazione attuale.  
  4. La nuova finanza che i soci devono impegnarsi a conferire ovvero la rinuncia al rimborso di eventuali finanziamenti pregressi se presenti, in misura comunque non inferiore al debito oggetto di ristrutturazione. In particolare, in caso di write-off della sorta capitale e/o interessi i
  5. La presenza di forme di incentivazione del capitale umano, favorendo l’ingresso nel capitale del personale mediante il rilascio di stock options ovvero identificando programmi Worker/Management Buyout.

[1] REGOLAMENTO (UE) N. 1303/2013 Art. 37 comma 2. “Il sostegno di strumenti finanziari è basato su una valutazione ex ante che abbia fornito evidenze sui fallimenti del mercato o condizioni di investimento subottimali, nonché sul livello e sugli ambiti stimati della necessità di investimenti pubblici, compresi i tipi di strumenti finanziari da sostenere.  [2] Art. 56 – D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza “1. L’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza può predisporre un piano, rivolto ai creditori, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria. [3] Art. 2, comma 1 D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza-  ‘’a) «crisi»: lo stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate; b) «insolvenza»: lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni’’ [4] Art. 2, comma 1 lettera o) D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza-   “il professionista incaricato dal debitore nell’ambito di una delle procedure di regolazione della crisi di impresa che soddisfi congiuntamente i seguenti requisiti: 1) essere iscritto all’albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese, nonché nel registro dei revisori legali; 2) essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del codice civile; 3) non essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di regolazione della crisi da rapporti di natura personale o professionale; il professionista ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell’impresa, né aver posseduto partecipazione in essa”,

CLIMATE CHANGE MITIGATION AND UNSUSTAINABILITY GOALS

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Dal Covered Rent to Buy alla Cartolarizzazione immobiliare

Covered Rent to Buy, un modello di supporto finanziario per la crescita esterna e la continuità aziendale nel comparto turistico

Il comparto turistico alberghiero, mentre si avviava ad uscire dalla crisi Covid-19, si trova ad affrontare la perdita quasi totale dei flussi turistici provenienti dalla Russia e dalle aree limitrofe.

Questo ulteriore imprevedibile shock commerciale, dà ancora maggior risalto alla nota fragilità competitiva della struttura dell’offerta turistica nazionale a conduzione familiare e induce riflessioni sulle possibili soluzioni da adottare.

L’idea di focalizzarsi sul target di strutture alberghiere di piccole e medie dimensioni, nasce a valle del riscontrato susseguirsi di fallimenti e l’ avvio di procedure concorsuali registrate nei primi mesi del 2022. Dato in netta contraddizione con le statistiche rilevate da Banca d’Italia ed altri qualificati analisti che prendono come base di riferimento il 2020 e il 2021, anni nei quali, in termini quantitativi, i fallimenti sono risultati inferiori al periodo pre-Covid.

L’impennata registrata nel primo trimestre del 2022 si teme possa essere correlata non già al fatto che le aziende hanno tenuto meglio la crisi negli anni della pandemia rispetto alla fase di ripresa, bensì ad una sorta di tregua concessa da parte dei creditori, i quali hanno azionato le sole posizioni indifferibili.

La massa debitoria accumulata ben prima degli anni della crisi, è stata spostata avanti nel tempo ed ha beneficiato di un grace period diffuso. Non risulta, pertanto, se non in minima parte, scalfita dai contributi pubblici, né si ritiene possa essere affrontata con i nuovi incentivi che richiedono ulteriori esborsi finanziari.

Pertanto, l’inasprimento delle azioni promosse dai creditori nei primi mesi del 2022, si ritiene non sia un dato casuale ma vada interpretato come segnale di early warning per quelle aziende di piccole dimensioni che non hanno adottato strategie di consolidamento finanziario e di posizionamento competitivo.

Dal punto di vista finanziario, molte strutture a conduzione familiare presentano livelli di indebitamento medio-alti, in quanto hanno optato per l’acquisto della parte immobiliare accedendo a crediti ipotecari erogati dal sistema bancario il quale, a sua volta, ha assunto come sostenibili rate di rimborso spesso sovradimensionate rispetto al free cash flow ragionevolmente generabile.

In termini competitivi, la presenza sul mercato stand alone può ritenersi duratura per quelle strutture aventi caratteristiche localizzative, tematiche, o collegate a servizi annessi di particolare interesse. Per l’ospitalità generalista che offre servizi indistinti, la pressione sulla domanda ha avuto come effetto la riduzione dei prezzi e, con essa, della capacità di sostenere il servizio del debito.

In questo segmento di aziende, il combinato disposto di: elevati livelli di indebitamento finanziario, assenza di elementi di caratterizzazione commerciale e  adozione di modelli di conduzione non orientati alla creazione di partnership strategiche ed al rafforzamento delle relazioni con altri operatori, impattano sull’attendibilità delle previsioni di ricavi di medio termine, pregiudicando il ricorso a forme di ristrutturazione del debito e di reperimento di capitali diversi da quelli offerti dal sistema bancario ordinario.

In ultimo, le strutture non iconiche con un numero di camere inferiore alle 70 unità, difficilmente hanno la possibilità di catturare l’interesse di player internazionali, in quanto la redditività non consente di sostenere i canoni di locazione da riconoscere ai fondi specializzati in real estate che accompagnano da anni le nuove acquisizioni nel settore alberghiero.

In un tale contesto, si apre uno scenario particolarmente interessante per quei gruppi imprenditoriali con vocazione regionale e nazionale, dotati di un management in grado di rendere economicamente vantaggiose gestioni anche con un numero di camere non elevato e capacità commerciali che consentono di raggiungere percentuali di occupazione medio alte, portando rapidamente le strutture, anche di piccole dimensioni, a break even.

Tali gruppi, dotati di un portafoglio di hotel ed un totale di camere gestite idoneo a replicare in scala: modello gestionale e strutture societarie dei grandi operatori del settore, possono pianificare importanti programmi di crescita esterna. Le gestioni già in crisi oppure che presentano i requisiti per l’accesso alla composizione negoziata della crisi, fuori target per i grandi operatori, possono essere rilevate da operatori di medie dimensioni ben in grado di assicurare la continuità aziendale e il mantenimento dei livelli occupazionali, senza al contempo svilire il valore residuo, comunque accumulato dalle proprietà in crisi.

Appare possibile definire una strategia di crescita esterna che riguardi la rilevazione di gestioni anche storiche, se supportata da strumenti finanziari ad hoc, diversi dal ricorso all’indebitamento bancario tradizionale, i cui impieghi restano agganciati al concetto di capacità di indebitamento, e da operazioni di private equity a causa dei multipli in uscita a breve termine, incompatibili con le metriche del settore.

Gli strumenti cui si fa riferimento vanno dal rent to buy, opportunamente adattato alle specifiche circostanze, alla cartolarizzazione immobiliare.

Per quanto concerne il rent to buy, le condizioni contrattuali possono prevedere, ad esempio che:

  • Il contratto di locazione stipulato dal veicolo dedicato a quella specifica operazione sia garantito, oltre che dai flussi della gestione caratteristica, anche dal cash flow proveniente da altre gestioni del gruppo.
  • Le gestioni diverse da quella “target” creino una sorta di pool, mitigando eventuali e prolungate performance worst mediante cash pooling infragruppo.
  • Il canone previsto per il pagamento della componente “rent”, possa beneficiare di una garanzia esterna, ottenuta mediante il ricorso al Fondo Centrale di Garanzia.
  • La copertura del Capex necessario per gli ammodernamenti e le manutenzioni straordinarie possa avvenire mediante l’ingresso nel capitale del gestore con exit correlate all’esercizio dell’opzione “buy” dell’immobile.

In merito alla cartolarizzazione immobiliare prevista dall’art. 7.2. della Legge 130/99 si ritiene che tale opzione possa essere valutata a valle della creazione di un portafoglio sufficientemente ampio di immobili e diritti reali e consentire il reperimento di risorse finanziarie da destinare sia alla prosecuzione delle strategia di crescita su scala più ampia sia alla chiusura delle posizioni ”buy” in corso.

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Composizione Negoziata della Crisi, una mappa per la diagnosi delle cause

Composizione Negoziata della Crisi, una mappa per la diagnosi delle cause

Con l’entrata in vigore del decreto legge 118/2021 (“DL 118”) sarà possibile accedere alla Composizione Negoziata della Crisi (“CNC”), strumento innovativo che consente di adottare, in una condizione di trasparenza gestionale e flessibilità negoziale, provvedimenti utili alla salvaguardia della continuità aziendale.

I due momenti 

La procedura di accesso va distinta in una fase sostanziale che parte dalla diagnosi delle cause della crisi e procede con la identificazione del percorso strategico più idoneo al ripristino della continuità aziendale ed una fase formale per dar corso all’accesso alla procedura.

Di frequente i due momenti vengono aggregati in unico processo, composto da aspetti di natura strategica, economica e finanziaria e valutazioni tecnico giuridiche, la cui complessità è correlata alla numerosità dei portatori d’interesse, all’entità dell’esposizione finanziaria, al livello di tensione nel quale viene avviato.

Partendo dal presupposto che l’iter formale, con l’aumentare dei casi, andrà nel tempo a configurarsi in modo sempre più fluido, si ritiene utile approfondire la prima fase, quella che porta a verificare la sussistenza effettiva delle condizioni di accesso alla CNC e quindi alla decisione di dar corso alla procedura.

Chi svolge la diagnosi 

Nelle aziende meno strutturate, che costituiscono in larga maggioranza le aziende italiane e meridionali in particolare, va considerato il rischio di imprecisione e inadeguatezza della diagnosi delle cause delle crisi. Un errore nella fase di diagnosi, può rappresentare quello che in statistica viene definito “errore indeterminato” invalidando di fatto tutta la catena di decisioni e provvedimenti basati su quelle date assunzioni.

E’ ragionevole prevedere limiti soggettivi e oggettivi alla capacità dell’imprenditore – e/o del management con deleghe ove presente- di svolgere un’attendibile autodiagnosi della crisi, ovvero a seguire un percorso logico finalizzato a far emergere errori evitabili laddove la crisi non sia stata indotta o amplificata da fattori esterni. 

Il DL 118, pur indicando le responsabilità delle valutazioni svolte dall’esperto indipendente, non fornisce riferimenti metodologici su cui lo stesso sia chiamato ad esprimersi e non prevede una modalità specifica della diagnosi della crisi.

L’impatto della diagnosi sulle negoziazioni 

L’importanza di assumere decisioni circostanziate sulla base di una diagnosi attendibile, acquisisce, inoltre, un rilievo ancora maggiore, considerando che nell’ambito delle negoziazioni, ai creditori chiamati a partecipare alla valutazione delle proposte, vengono richieste le ragioni degli eventuali “dinieghi motivati”.

In tali circostanze, l’inesattezza della diagnosi, può, ad esempio, costituire una motivazione agevolmente dimostrabile della invalidità del piano e consentire ai creditori di respingere le proposte presentate dall’imprenditore e prospettare soluzioni alternative, potenzialmente anche ostili.

Le chance di successo della CNC si fondano, in ogni caso, sulla capacità di ottenere l’assenso dei creditori, lasciando alle parti le decisioni sulla rispondenza del piano e l’adeguatezza delle proposte su cui esprimersi. Decisioni che saranno tanto più prevedibili quanto fedele risulterà la situazione “as is” alla diagnosi percepita dai creditori. 

Una mappa per la diagnosi della crisi 

La schematizzazione delle cause che hanno portato l’azienda ad una situazione di perdita di competitività, arrivando fino a pregiudicare la continuità aziendale, è un esercizio complesso sul quale, allo stato, non esiste una metodologia universalmente riconosciuta. Un dettaglio sintetico, ma efficace, è stato prodotto dall’ordine dei commercialisti di Milano, nel documento che fornisce alcune indicazioni sul tema del risanamento aziendale.

Al fine di facilitare l’analisi, analizzando gli aspetti comuni alle aziende che vivono una condizione di crisi, e specifici per determinate realtà, è stata predisposta una mappa con percorsi guidati che affronta gli argomenti chiave su cui svolgere approfondimenti progressivi. La mappa include sia i quesiti inseriti nella check list  attualmente in vigore sia alcuni punti inseriti nel form per l’accesso al Fondo Grandi Imprese in Crisi.

Il prospetto elaborato in forma di mappa visiva ha un valore sperimentale, e costituisce un percorso logico per navigare all’interno delle molteplici implicazioni aziendali, puntando dei flag point laddove si ritiene sussistano elementi che, in modo più o meno decisivo, abbiano inciso sulla condizione attuale e vadano quindi trattati nel piano.

È opinione diffusa che raramente la causa di una crisi, sia essa conclamata che latente, sia attribuibile ad un solo fattore, in quanto è proprio la presenza di più concause e l’attribuzione del peso/responsabilità a ciascuna di esse che rende complessa una diagnosi compiuta dei correttivi da apportare e pregiudica l’efficacia del piano di risanamento.

Per tale motivo la mappa della crisi può essere altresì utilizzata per definire i milestone sui quali definire il cronoprogramma dei risultati attesi, creando le condizioni per riscontri intermedi ed il monitoraggio dell’andamento del piano di risanamento nel suo insieme.

La mappa, oltre alla sezione “Diagnosi”, presenta ulteriori percorsi logici dedicati a: governance, strategia, organizzazione, contabilità, business plan che hanno la finalità di schematizzare la procedura di verifica dello stato dell’arte e l’acquisizione degli elementi chiave necessari per la redazione e l’attuazione del piano di risanamento.

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