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Le modalità di richiesta di rinegoziazione di finanziamenti bancari e la rilevanza del probation period e cure period.

di Antonio Esposito

Nell’ambito del ciclo di vita di un finanziamento, il credito viene innanzitutto classificato come performing  o non performing, laddove per performing si intendono le esposizioni in bonis verso imprese in grado di onorare i propri impegni, e non performing gli atri casi, che si suddividono in:

Esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate: posizioni scadute o con sconfinamenti anche parziali da oltre 90 giorni [1];

Unlikely To Pay (UTP ), inadempienza Probabile : posizioni per le quali è necessario il ricorso ad azioni legali per ottenere l’adempimento, anche in assenza di sconfinamenti;

Sofferenze: esposizioni nei confronti di un soggetto in stato di insolvenza, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita.

Fermo restando la suddivisione tra performing e non performing, le posizioni possono beneficiare di diverse forme di rinegoziazione, tali operazioni si configurano come Forborne, inizialmente performing.  

Con la richiesta di revisione, l’azienda entra in un periodo di tolleranza definito probation period diventando una sorta di “osservato speciale”, nel corso del quale, senza ulteriori ritardi o sconfinamenti[2], resta in bonis. Negli altri casi, la posizione diviene Forborne non performing entrando in quello che viene definito cure period.

I tempi della richiesta e il dimensionamento della misura di Forbearance, assumono dunque una rilevanza fondamentale inquanto una richiesta tardiva ovvero tarata su impegni non sostenibili nei successivi 12/24 mesi può complicare ovvero rendere tecnicamente improbabile il rientro in bonis. Per tale motivo, l’entità della rimodulazione, i termini e le milestone su cui si basa la richiesta vanno analizzate in modo appropriato, esponendo con in modo puntuale e circostanziato le ragioni esterne ed interne alla base della proposta.

Per certi aspetti, un piano di rimodulazione presenta complessità talvolta maggiori rispetto alla presentazione di un business plan a supporto di una richiesta di nuova finanza. Pur avendo una finalità analoga ad un’operazione di nuova finanza, il contesto nel quale viene formulato e l’entrata nella fase di probation period prima e cure period dopo, richiedono un rafforzamento dei presidi previsti per il monitoraggio dei flussi di cassa ed il controllo del DSCR.  

L’attendibilità delle previsioni assume un ruolo cruciale perché la classificazione Forborne non contempla la solidità delle garanzie, in quanto la natura della revisione è esclusivamente focalizzata sulla verifica della capacità di rimborso dell’azienda, non rilevando la solidità della protezione [3].

Fermo restando il contesto nel quale nasce l’esigenza di rimodulazione, per dar corso ad una misura di Forbearance occorre che:

  • la banca accerti la presenza di difficoltà temporanee manifeste o che possono avverarsi nel breve periodo;
  • la rinegoziazione delle condizioni contrattuali viene accordata a fronte di specifiche difficoltà probabili evitando l’aggravamento della posizione;
  • lo stato della difficoltà finanziaria dev’essere valutato mediante un percorso definito.

Rientrano in tale classificazione, la rimodulazione del debito a medio-lungo termine attraverso la rinegoziazione della durata, l’allungamento del periodo di preammortamento o il rimborso parziale e la rinegoziazione delle garanzie, le moratorie, i consolidamenti, fino alle più rare erogazioni di nuova finanza destinata a favorire il riequilibrio dell’esposizione stessa.

Con la classificazione in Forborne la banca “congela” la valutazione del rating che può peggiorare nel caso di criticità nel corso del probation period, ma non migliorare, almeno fino all’uscita da tale classificazione.

Una misura di Forbearance è, in genere, implicitamente correlata ad una situazione di difficoltà finanziaria.

Nell’ambito della manutenzione del credito di importanti realtà aziendali con programmi rafforzamento organizzativo, crescita interna ed esterna sono state attivate misure analoghe, non spinte da esigenze di cassa, ma come soluzione alternativa, rapida ed efficiente, al reperimento di nuova finanza, generando cassa con l’allungamento dei piani di ammortamento ed ottenendo l’effetto equivalente ad una nuova esposizione, ma a condizioni più favorevoli.

La soluzione proposta è risultata rapida, perché un’istruttoria di una posizione già monitorata è evidentemente più semplice di una nuova operazione, efficiente in quanto quand’anche il rating dell’azienda richiedente vada in freeze, se i tassi dell’operazione riscadenzata sono agganciati a condizioni competitive, le stesse risultano migliorative rispetto alle attuali condizioni di mercato.

Tale opzione, si ritiene proponibile, anche in considerazione della circostanza che lo status di Forborne non è un’operazione finanziaria autonoma, ma una classificazione, e pertanto non ha riflessi sulle segnalazioni in Centrale dei Rischi.

Chiarito le misure di Forbearance costituiscono comunque un percorso tecnicamente complesso e che è essenziale disporre di strumenti di pianificazione e monitoraggio della qualità delle previsioni, si ritiene ragionevole proporre ai finanziatori con i quali vi siano operazioni in corso una revisione dei piani di rimborso anche per motivazioni diverse dalla presenza di difficoltà effettive o potenziali.

Circostanza applicabile nei soli casi in cui si dimostri che la cassa eccedente vada a potenziare gli asset materiali o immateriali, la crescita della marginalità ovvero generi benefici su uno o più dei KPI target individuati in sede implementazione degli adeguati assetti organizzativi, creando le condizioni per un rafforzamento competitivo della società e dunque di un implicito miglioramento della qualità del credito

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Human-Induced Methane Emissions – Future Scenarios — Environmental Graphiti

[1] Superamento del limite assoluto pari a 100 euro per le esposizioni retail e pari a 500 euro per le esposizioni diverse da quelle retail; e del limite relativo dell’1% dato dal rapporto tra l’ammontare complessivo scaduto e/o sconfinante e l’importo complessivo di tutte le esposizioni creditizie verso lo stesso debitore.

[2] Ad esempio entità della garanzia, valore di mercato dei beni ipotecati-.

[3] Superiori a 30 giorni

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Human-Induced Methane Emissions – Future Scenarios — Environmental Graphiti


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I piani industriali delle società partecipate alla luce dei nuovi programmi di prevenzione del rischio

Articolo pubblicato su Poliorama (www.poliorama.it) – Rivista di economia, politica e diritto.

di Pasquale Russiello

Le società a controllo e partecipazione pubblica (“Società partecipate”)[i] per effetto del combinato disposto del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (“TUSP”) e del nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza delle Imprese (“CCII”) sono chiamate a redigere adeguati programmi di valutazione del rischio e adottare appropriati presidi organizzativi.

Come indicato dall’Osservatorio Enti Pubblici e Società Partecipate istituito dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili[ii] e dal MEF nell’ambito del “Programma di valutazione del rischio di crisi aziendale delle società partecipate”[iii], per assolvere alle prescrizioni, solo in parte sovrapponibili, dei due presidi normativi, il management delle società partecipate deve adottare un set di soluzioni finalizzate a:

i) individuare le aree di rischio e le variabili esterne che possono provocare squilibri gestionali, economico e finanziari, (approccio “forward looking”) e le opportunità di miglioramento delle performance;

ii) implementare specifici strumenti di monitoraggio predisposti in linea con la mappa dei rischi ed in grado di intercettare gli eventuali segnali premonitori della crisi (sistema di “early warning”);

iii) qualificare le previsioni economico-finanziarie, conferendo attendibilità e concretezza ai modelli impiegati per effettuare i controlli e adottare le opportune decisioni.

Rispetto agli autorevoli contributi in tema di strumenti di prevenzione dei rischi e adozione degli adeguati presidi organizzativi, la Fondazione Ifel Campania, basandosi sulla costante attività di ricerca ed alcune esperienze empiriche, intende fornire un proprio contributo partendo dall’evoluzione del ruolo del piano industriale, aggiornato alla luce delle indicazioni del TUSP e del CCII.

Contenuti del piano industriale delle partecipate

La costruzione e le finalità del TUSP e del CCII contemplano un’ampia casistica, comunque incentrata sulla gestione di una situazione di crisi. Nel TUSP, in particolare, sono esplicitati i contenuti dei piani di ristrutturazione[iv] e di risanamento[v], documenti essenziali per dar corso a percorsi di fuoriuscita da situazioni di crisi con diversi livelli di reversibilità.

Con il presente contributo, si intende innanzitutto rappresentare che esistono molteplici partecipate che svolgono performance in condizioni di assoluta efficienza e che possono incidere positivamente sull’azione amministrativa degli Enti locali e sulla qualità dei servizi erogati alla proprietà ed alla collettività. All’uopo, si ritiene opportuno introdurre il concetto di “mappa delle opportunità” come spunto di riflessione da affiancare alla mappa dei rischi, indicata dalle normative vigenti.

Tra le opportunità da porre all’attenzione della governance, si indicano, a titolo esemplificativo: il potenziamento degli investimenti in asset materiali, immateriali, la qualificazione del capitale umano, l’adozione di nuove tecnologie, il perseguimento del risparmio energetico, la redazione di bilanci di sostenibilità e la rilevazione della rendicontazione non finanziaria contribuendo alla diffusione dei principi ESG.

Aperto uno spiraglio ad un forward looking che contenga l’enunciazione delle aree di miglioramento aziendali e di impatto sulla collettività, ovvero non solo incentrato sul monitoraggio dell’andamento inerziale esposto a rischi esterni ed interni, il piano industriale da documento finalizzato a proiettare le evoluzioni gestionali ed organizzative e simulare la situazione economico finanziaria pluriennale, deve diventare un processo in continua evoluzione più che un un’attività straordinaria, periodica, e di senso compiuto.

Un processo che consenta di:

  • Rappresentare la sussistenza, in itinere, dei requisiti tecnici, organizzativi e finanziari, in coerenza con le attività esercitate.
  • Mappare i rischi esterni ai processi governabili nell’ambito delle relazioni tra proprietà e management.
  • Gestire il costo marginale, dimostrando l’attitudine a perseguire l’efficienza gestionale con un approccio quantitativo e dinamico.
  • Identificare le metriche su cui basare la costruzione delle previsioni, esplicitando le variabili con impatti potenziali sugli scenari e le regole per il monitoraggio.
  • Sviluppare le previsioni di cassa, con un livello di dettaglio, range temporale e di sensitività proporzionato alle peculiarità del servizio, le caratteristiche aziendali e il contesto esterno nel quale la stessa opera.

Permanenza dei requisiti formali e sostanziali per gli affidamenti diretti

Oltre al rispetto delle condizioni previste dall’assetto societario ed alle modalità di espletamento del controllo analogo che configurano una società come controllata o partecipata pubblica, le società partecipate per ottenere affidamenti diretti devono monitorare costantemente la sussistenza di adeguati requisiti organizzativi, gestionali, tecnici e finanziari.

Tale verifica parte dall’analisi delle caratteristiche del servizio per riscontrare l’idoneità dell’azienda ad erogarlo in condizioni di continuità, efficienza ed economicità e procede con l’osservazione sistematica del modello gestionale, verificando la permanenza dei requisiti sostanziali, oltre che formali, a fornire le migliori prestazioni possibili nell’interesse dell’utenza e della committenza.

Il suddetto riscontro assume una connotazione continuativa e dinamica e non straordinaria e periodica. Nel corso del tempo, le esigenze che l’ente pubblico proprietario intende soddisfare mediante una propria partecipata, possono modificarsi, così come, pur permanendo in una condizione di continuità aziendale, la partecipata può subire delle evoluzioni che la rendono più o meno idonea a svolgere il servizio così come è venuto a configurarsi per effetto di contingenze non sempre prevedibili.

La verifica ex ante dell’adeguato assetto organizzativo ha quindi una natura tecnica-gestionale-organizzativa, configurandosi come due diligence industriale e prevedendo l’emersione di mismatch, anche potenziali e talvolta di non semplice rilevazione, tra la tipologia di servizio richiesto e lo stato di salute aziendale.

Mappatura dei fattori esogeni

Verificati i requisiti essenziali per l’erogazione dei servizi, il piano industriale deve contemplare un’analisi dei potenziali rischi che a vario titolo possono incidere sull’equilibrio organizzativo, tecnico, economico o finanziario.

Per fattori esogeni, si intendono tutte le variabili esterne al governo societario ed alle leve attivabili dalla proprietà. Nel corso degli ultimi anni, la crisi pandemica, il conflitto russo-ucraino con l’impennata dei costi dell’energia, l’inflazione, la crescita dei tassi di interesse e del costo del debito, la crisi israelo-palestinese, sono risultati fattori che, con diversa intensità e tempi di impatto, hanno inciso sull’equilibrio aziendale.

Questi aspetti, quali a titolo esemplificativo: il costo dell’energia che induce a valutare investimenti in nuove soluzioni di approvvigionamento energetico o il costo del debito che apre a considerazioni sulla composizione delle fonti, relegati in passato nel novero delle ipotesi generiche, negli ultimi anni si sono dimostrati decisivi sull’equilibrio aziendale.

Monitoraggio del costo marginale

La struttura dei costi e le modalità di approvvigionamento dei fattori produttivi costituiscono la base su cui viene calcolato il punto di pareggio, vengono sviluppate le previsioni in termini di ricavi e si misura la marginalità lorda e operativa, adottando anche analisi di scenario, laddove il contesto preveda range di oscillazione potenzialmente rilevanti. Il controllo dinamico della struttura dei costi è, pertanto, una componente imprescindibile del piano industriale, nel quale vanno contemplate tutte le possibili variabili che possono avere un impatto deliberato o emergente sulla continuità aziendale.

Atteso che gli strumenti proposti si basano su rilevazioni di natura prevalentemente finanziaria e non consentono di ‘’predire’’ lo stato di crisi, ma di rilevarlo, il concetto di costo marginale introduce un approccio basato sul monitoraggio della redditività mensile e progressiva, rendendo leggibili i segnali premonitori di crisi di natura economica, sin dalla fase di incubazione.

Il monitoraggio del costo marginale e la verifica della redditività lorda e operativa costituiscono un baluardo al controllo dell’economicità della gestione e contribuiscono, in modo oggettivo, a far emergere tempestivamente i rischi di inefficienza, favorendo la diagnosi e la perimetrazione delle aree di intervento, anticipando il processo decisionale.

Identificare le metriche e costruire il modello di calcolo

La definizione delle variabili di impatto sulla struttura dei costi e dei ricavi e delle modalità di monitoraggio da eseguirsi con periodicità rapportata alle caratteristiche dimensionali, settoriali, patrimoniali e l’esposizione a rischi esterni, sono quindi propedeutiche alla proiezione dei flussi di cassa.

Considerata la diffusa convergenza, sia in un’ottica TUSP che CCII, sulla necessità di verificare l’andamento dei flussi di cassa a dodici mesi, ritenuti l’elemento cardine per il riscontro dello stato di salute aziendale, i temi su cui si è concentrata l’attenzione di Ifel Campania riguardano proprio le variabili che deve contemplare il modello di calcolo impiegato per sviluppare le previsioni economiche ed i criteri da adottare per tradurre tali performance sull’equilibrio finanziario di brevissimo, breve e medio termine.

Il modello su cui vengono impostate le assumption del conto economico, deve quindi fissare con precisione i margini di oscillazione dei fattori produttivi e le modalità con cui gli stessi impattano sulla marginalità lorda e operativa, inquanto tale impostazione costituisce il motore sul quale girano le variabili che incidono sui flussi di cassa. La costruzione del modello matematico riveste, pertanto, una rilevanza cruciale ai fini dell’attendibilità dei dati di input recepiti dal cash flow prospettico.

Sviluppare le previsioni di cassa

La presentazione di sintesi del modello di redazione del piano industriale compliance con le prescrizioni TUSP e CCII messa a punto da Ifel Campania, si completa con la definizione dei flussi di cassa mensili, intesi quale momento chiave del monitoraggio dello stato di salute aziendale, nonché quale adempimento formale per l’individuazione preventiva dell’insorgere di uno stato di crisi.

Le previsioni riguardanti i flussi di cassa assolvono al proprio ruolo, solo in presenza di dati attendibili e di modelli coerenti con le variabili esterne e congruenti rispetto alle correlazioni interne. Il cruscotto di monitoraggio è, dunque, necessario, ma diviene idoneo solo in presenza di una costruzione di fondo che rispetti le peculiarità del contesto aziendale e del servizio erogato. A testimonianza della necessità di approcciare le previsioni in modo personalizzato, si rappresenta il caso della proiezione temporale di visibilità dei flussi, diffusamente fissata a 12 mesi.

Ipotizzando una società che abbia un’importante finanziamento in corso con un periodo di preammortamento pari a 18 mesi, ovvero una che abbia previsto una restituzione bullet a 24 mesi, la visibilità a 12 mesi, appare del tutto inadeguata, in quanto i flussi subiscono uno shock correlato al manifestarsi di quelle uscite che si verificano in un periodo non monitorato dal cruscotto tarato, secondo prassi e non valutazioni specifiche, sui 12 mesi.

Concludendo, il modello di predisposizione dei piani industriali delle partecipate messo a punto da Ifel Campania, oltre a recepire tutte le indicazioni proposte dall’Osservatorio delle partecipate pubbliche e dal MEF, concentra l’attenzione sulla necessità di adottare una metodologia rigorosamente ispirata alla personalizzazione dei casi che preveda l’introduzione di una cultura aziendale ispirata al controllo analitico dei costi ed introduca la prassi del monitoraggio mensile, come elemento chiave per l’effettivo riscontro dello stato di salute dell’azienda e la condivisione, tempestiva, con la proprietà e gli organi di controllo, degli eventuali interventi necessari. Intendendo per tale non solo comportamenti ispirati al principio di prudenza e prevenzione della crisi, ma anche la promozione di scenari di crescita, miglioramento delle performance aziendali e della qualità dei servizi erogati.

[i] Secondo l’art. 2 (Definizioni) il D.L. 19 agosto 2016, n. 1 – Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, per ‘’società a controllo pubblico ’’ (lettera m), si intendono le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b); le ‘’società a partecipazione pubblica’’ sono le società a controllo pubblico, nonché le altre società partecipate direttamente da amministrazioni pubbliche o da società a controllo pubblico.

[ii] LA CRISI NELLE SOCIETÀ PUBBLICHE, TRA TUSP E CCII

[iii] Consultazione pubblica sulle indicazioni della Struttura di monitoraggio sull’attuazione del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (TUSP) in merito ai principali contenuti del Programma di valutazione del rischio di crisi aziendale, da adottare ai sensi dell’art. 6, comma 2, del TUSP. INDICAZIONI SUL PROGRAMMA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI CRISI AZIENDALE (Art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 175/2016)

[iv] Articolo 14 comma 4 del TUSP.

[v] Articolo 14 comma 5 del TUSP.

[iv] Articolo 14 comma 4 del TUSP.

[v] Articolo 14 comma 5 del TUSP.

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Gli accordi in esecuzione dei piani di ristrutturazione, come soluzione per la gestione del debito anche delle società a partecipazione pubblica

di Pasquale Russiello

La disciplina del piano attestato di risanamento previsto dall’art. 56 CCII accresce l’efficacia e perimetra gli ambiti di applicazione dello strumento di prevenzione della crisi, già presente nella Legge fallimentare all’articolo 67 comma 3 lettera d).

La nuova previsione indica con maggior dettaglio i requisiti ed il contenuto del piano, il cui tratto distintivo resta l’esclusione dal novero delle procedure concorsuali.

Lo strumento mantiene, dunque, una natura strettamente privatistica ed è finalizzato a favorire le negoziazioni con i creditori, prevenendo l’aggravamento di situazioni di crisi [1] latenti o conclamate e scongiurare l’insorgere di una condizione di insolvenza [2].

Presupposto oggettivo per l’adozione dello strumento è continuità aziendale, ovvero la presenza di uno stato di crisi perimetrato dal punto di vista strategico, determinabile in termini economico-finanziari e rimuovibile con un piano industriale concretamente attuabile.

Per quanto riguarda la tipologia di continuità, anche facendo riferimento a quanto riportato nella relazione accompagnatoria del Codice della crisi in cui si precisa che “il piano mira al risanamento dell’esposizione debitoria e al riequilibrio della situazione finanziaria ed è riservato quindi alle ipotesi di continuità aziendale”, si ritiene che non sussista alcuna preclusione alle ipotesi di continuità indiretta come soluzione alternativa alla continuità diretta.

Ambiti di applicazione e caratteristiche dello strumento

Il piano di ristrutturazione ex art. 56, ha un ambito di applicazione piuttosto contenuto, risultando efficace solo in quelle circostanze in cui la situazione di crisi appare concentrata nell’area finanziaria ed è risolvibile con l’intervento di un numero limitato di creditori. Il piano industriale svolge un ruolo indispensabile, ma in genere non sufficiente ad assicurare la ripresa della continuità aziendale, senza il tangibile e formale supporto dei creditori, attivamente coinvolti nella strategia di ristrutturazione.

Il piano diviene, pertanto, attuabile se è possibile sia determinare in modo puntuale l’ammontare del debito oggetto di ristrutturazione sia dimostrare che il perfezionamento degli accordi è in grado di agire sulla continuità aziendale con un approccio “off/on” consentendo la strutturale ripresa aziendale.

Le caratteristiche chiave dello strumento che si pone come forma di rimedio e prevenzione di situazioni liquidatorie, sono:

  • Il debitore mantiene sempre la titolarità del patrimonio aziendale e della gestione dell’impresa, in quanto il piano di risanamento è del tutto sottratto alla verifica dell’autorità giudiziaria.
  • Deve assicurare la continuità aziendale, in forma diretta o indiretta che va rafforzata, mediate la rimozione delle cause che pregiudicano l’equilibrio finanziario di breve e medio periodo.
  • Non è necessario il coinvolgimento dell’intero ceto creditorio, potendo essere perimetrato ai soli creditori strategici e/o di dimensioni tali da incidere sull’equilibrio di cassa.
  • Deve basarsi su un piano industriale costruito si investimenti con un basso coefficiente di rischio ed impatti concreti e misurabili con metriche attendibili e previsioni rientranti in range di oscillazione tali da consentire la “tenuta del piano” anche al verificarsi di perduranti scenari worst.
  • L’efficacia dell’attestazione può essere condizionata al verificarsi di uno o più eventi, risolvendo il frequente rischio di “riferimento circolare” che si verifica nei casi in cui uno o più creditori richiedono l’attestazione per dar corso alla transazione ed il professionista indipendente [3] si trova a dichiarare una fattibilità economica in assenza della preventiva formalizzazione degli accordi.
  • L’attestazione non prevede la fattibilità giuridica, tale obbligo, presente nella precedente formulazione, è stato esplicitamente rimosso concentrando l’attenzione su contenuti meramente aziendali [4].

Finalità protettive, tutele e limitazioni

La nuova normativa non ha stravolto le finalità protettive dello strumento che consistono nella salvaguardia da revocatoria ordinaria degli atti posti in essere in esecuzione del piano e l’esenzione dai reati di bancarotta e da revocatoria fallimentare.

Più precisamente, l’art. 166 CCII co 3. stabilisce che non sono soggetti all’azione revocatoria – lett. d) – “gli atti, i pagamenti effettuati e le garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano attestato di cui all’articolo 56 o di cui all’articolo 284 e in esso indicati. L’esclusione non opera in caso di dolo o colpa grave dell’attestatore o di dolo o colpa grave del debitore, quando il creditore ne era a conoscenza al momento del compimento dell’atto, del pagamento o della costituzione della garanzia. L’esclusione opera anche con riguardo all’azione revocatoria ordinaria.”.

L‘accordo di ristrutturazione, non prevede: (a) la moratoria automatica per il pagamento dei debiti;  (b) lo stralcio di debiti previdenziali ed erariali[5]; (c) l’adozione di misure protettive [6]; (d) la sospensione dell’efficacia delle norme societarie in tema di scioglimento e di ricapitalizzazione [7].

Forma e contenuti del Piano attestato

Il piano attestato deve rispettare i contenuti minimi previsti, va redatto secondo i più recenti principi di attestazione, di recente sottoposti alla pubblica consultazione [8] ed essere redatto in modo da risultare sistematico, coerente e attendibile per ristabilire l’equilibrio finanziario di breve e medio periodo e superare gli “stress test” individuati dall’attestatore, in base alle cause della crisi, dell’entità dei correttivi e la complessità del piano industriale sottostante.

Dal punto di vista formale, l’attestazione deve avere data certa, per quanto riguarda i contenuti, l’art. 56 prevede un’articolazione degli argomenti [9] che può essere adattata a seconda delle circostanze e deve, in ogni caso, prevedere una trattazione logica idonea alle finalità dello strumento.

L’iter da seguire per la redazione del Piano, si ritiene, debba partire dalle ragioni che hanno portato all’adozione di tale soluzione, ovvero confermare da subito la sussistenza delle condizioni di continuità aziendale e la perimetrazione dell’area di intervento del piano, indicando in premessa:

  • Le cause della crisi e le ragioni sottostanti al mantenimento e/o raggiungimento della continuità aziendale;
  • La tipologia di prosecuzione, ovvero se la gestione avviene in modalità diretta o indiretta;
  • La portata del piano intendendo per tale l’ammontare di debito oggetto di negoziazione e lo stato della trattativa [10].

Una volta descritti i presupposti, rappresentate le condizioni per la sussistenza della continuità e indicati i criteri alla base della determinazione dell’entità del piano, è opportuno presentare i flussi di cassa prospettici, prevedendo i range di oscillazione e dimostrando la tenuta del Piano nei vari scenari.

Per quanto riguarda il piano industriale, si ritiene che lo stesso costituisca un documento autonomo, essenziale ai fini dell’attestazione del piano che, tuttavia, deve estrarre gli elementi chiave, verificarne la coerenza con le variabili esterne, la congruenza tra le varie assumption interne, nonché la ragionevolezza delle proiezioni e degli impatti economico-finanziari.

Si tratta dunque di verifiche esterne che l’attestatore svolge sulla base delle informazioni disponibili e che non comprendono la concreta fattibilità essendo la stessa correlata ad interventi tecnico-gestionali, talvolta complessi, che richiedono competenze diverse da quelle meramente aziendalistiche ed economico-finanziarie.

Durata del piano e collegamento con le trattative con i creditori

Pur non essendo la durata del piano limitata ad uno specifico numero di anni, si ritiene che la stessa debba essere quanto meno pari all’entrata a regime del piano industriale ed al verificarsi delle condizioni che considerano rimosse le cause della crisi e raggiunta una condizione di continuità tale da ritenere superato il rischio di insolvenza.

Considerato che il piano ha come finalità principale, il supporto alla definizione di accordi con i creditori, formalizzando tempi e modalità di estinzione, l’attestazione può intervenire, dopo, durante o prima la definizione.

Laddove le trattative sono formalizzate, l’attestatore è chiamato a verificare che le condizioni previste negli atti negoziali siano idonee a riequilibrare la situazione economico-finanziaria della società, innescando il processo di ripresa che andrà consolidandosi con l’attuazione del piano industriale.   

In presenza di negoziazioni in corso, la fattibilità del piano deve intendersi sospensivamente condizionata al verificarsi di un evento futuro, quale appunto la firma degli accordi sottoposti all’attestatore nella versione preliminare. In tale circostanza, l’attestazione non è efficace, ma diviene tale solo a seguito della formalizzazione alle medesime condizioni previste nelle versioni oggetto di negoziazione.

Conferma del trattamento non deteriore rispetto alla liquidazione giudiziale.

Fermo restando che lo strumento esclude accordi su debiti fiscali e contributivi, è possibile che tra i creditori figurino uno o più enti o soggetti a controllo pubblico. In queste circostanze, dovendosi prevedere un atto deliberativo da parte di responsabili chiamati a valutare una riduzione delle entrate, sebbene non sia prevista una specifica attestazione [11], si ritiene ragionevole che il creditore richieda una specifica attestazione dalla quale si evinca che la proposta di soddisfacimento del creditore è conveniente rispetto alla liquidazione giudiziale.    

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[1]  Ex art. 2 CCII lett. a) si definisce stato di crisi: “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.

[2] Ex art. 2 CCII lett. b) si definisce stato di insolvenza: “lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.

[3] Ex art. 2 CCII lett. o) professionista indipendente (art. 2 CCII lett. o)).

[4] Pur essendo stata eliminata qualunque verifica preliminare di fattibilità giuridica da parte di un professionista terzo, non essendo previsto alcun controllo del Tribunale, onde evitare l’emergere di criticità di natura giuridica nel corso del piano di risanamento, nei casi in cui vi sia una pluralità di creditori e l’entità della crisi sia di difficile perimetrazione, appare utile menzionare nel piano quanto meno i rischi di natura legale che possono pregiudicare l’attuazione del piano, consultandosi con i legali che assistono il debitore.  

[5] Ex artt. 63 e 88 CCII.

[6] Ex art. 54 CCII.

[7] Ex art. 64 CCII.

[8] Comunicazione di apertura della pubblica consultazione

[9] L’elenco riportato nell’art.56 prevede “la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa; le principali cause della crisi; le strategie d’intervento e i tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria; i creditori e l’ammontare dei crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative, nonché’ l’elenco dei creditori estranei, con l’indicazione delle risorse destinate all’integrale soddisfacimento dei loro crediti alla data di scadenza; gli apporti di finanza nuova; i tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificarne la realizzazione, nonché gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto; il piano industriale e l’evidenziazione dei suoi effetti sul piano finanziario.

[10] Lo strumento, in genere, prevede write-off  di una parte dei crediti e non sono l’allungamento delle scadenze, nel qual caso è attuabile anche l’Accordo di moratoria Ex art. 62 CCII.

[11] Ex art. 88 CCII comma 2.“L’attestazione del professionista indipendente, relativamente ai crediti tributari e contributivi, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale e, nel concordato in continuità aziendale, la sussistenza di un trattamento non deteriore”.


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La revisione dei piani di riscadenzamento per accelerare le valutazioni da parte del sistema bancario

La permanenza del costo del debito su livelli molto superiori alla media degli ultimi dieci anni, richiede provvedimenti preventivi, soluzioni tempestive e nuove forme di collaborazione tra il sistema bancario, le imprese e i professionisti.

Pasquale Russiello


Un numero sempre più elevato di imprese esposte verso il sistema bancario con operazioni a tasso variabile e senza protezione, si trova a rivedere i propri flussi di cassa prospettici aggiornando le previsioni con il nuovo costo del debito.

Sebbene fosse stato agevolmente pronosticabile che al crollo dei tassi sarebbe seguito un riallineamento, molto meno prevedibili, per il mondo delle imprese, erano l’entità del picco e la durata su livelli quali quelli attuali.

Per inquadrare la situazione dalla giusta prospettiva, occorre partire dalla considerazione che ai finanziamenti pre-Covid, si è aggiunta una ingente massa di debito contratta durante e nel post-Covid, è stata erogata in un contesto emergenziale, con:

  • valutazioni di merito creditizio che hanno beneficiato della generosità delle garanzie pubbliche;
  • spread influenzati dall’Euribor a zero e a tratti negativo;
  • criteri di dimensionamento basate sui costi del personale ed il fatturato;
  • adozione di metriche per la capacità di rimborso senza sensitività ai tassi.

Inoltre, per quanto la destinazione dei suddetti finanziamenti, in molti casi hanno riguardato la copertura del deficit di circolante, circostanza che, oltre a non aver inciso sulla capacità competitiva delle aziende migliorandone efficacia e redditività, ha sostituito l’apporto di nuova finanza da parte della proprietà, apporto surrogato da patrimonializzazioni illiquide perfezionate ricorrendo alla rivalutazione degli asset.

Diverse società sono, pertanto, entrate nell’era post-Covid con buoni indicatori di fondo, ma con situazioni di cassa non agevoli, conseguenza naturale di nuovo indebitamento a “salvaguardia della continuità” e della crescita dei tassi. Crescita, è bene evidenziare, correlata all’esigenza macroeconomica di “raffreddamento”  dell’economia e del tutto impermeabile agli effetti sia sui conti economici degli esercizi dal 2022 in poi sia, aspetto ben più preoccupante, della tenuta finanziaria di breve e medio termine di quella porzione dell’universo di imprese non dotate di ampie riserve di cassa.

In un contesto caratterizzato dall’assenza di previsioni attendibili sulla flessione dei tassi, la richiesta di moratoria per un periodo correlato alla permanenza del costo del debito su livelli molto superiori alla media dell’ultimo decennio, viene considerata sia una forma di prevenzione di possibili condizioni di apnea finanziaria, sia un atto dovuto nel rispetto delle prescrizioni sugli adeguati assetti organizzativi.

Dal punto di vista bancario, gli obblighi in materia di monitoraggio della qualità del credito e la tempestiva gestione dei ritardi di pagamento, impone un non agevole lavoro di revisione delle pratiche e la decifrazione delle reali cause dei ritardi, attività essenziale per la corretta classificazione della posizione. Posizioni che, a loro volta, possono collocarsi in un range molto ampio che va dalla temporanea difficoltà a coprire il capitale e i nuovi importi per gli interessi a situazioni di altra portata risolvibili solo mediante il ricorso ad uno degli strumenti di gestione della crisi.

Per facilitare la lettura dello stato di salute delle imprese e delle prospettive di regolare ripresa dei flussi di cassa, e quindi accelerare il processo di revisione delle richieste di moratoria, è opportuno rappresentare ai soggetti finanziatori in modo trasparente il livello di difficoltà nel quale si innesta la richiesta, evidenziando l’impatto degli extra-esborsi per interessi e proponendo soluzioni circostanziate e concretamente praticabili per ritornare in una condizione di continuità aziendale ordinaria e duratura.

Da parte del sistema bancario, si nota una sostanziale predisposizione ad entrare nel merito delle posizioni, la consapevolezza che la massa di oneri finanziari sopportata dal sistema imprenditoriale per ancora non si sa quanto è un evento esogeno, si traduce un approccio collaborativo al reperimento di soluzioni sostenibile.  

Dal punto di vista delle imprese, e degli advisor incaricati, si ritiene che le richieste di moratoria, per loro natura urgenti, possano essere proficuamente accompagnate relazioni redatte da commercialisti con adeguate competenze nella creazione e valutazione di modelli previsionali e comprovata esperienza in materia di analisi e prevenzione della crisi, relazioni riportanti un set di informazioni minime quali: le cause, la portata, le modalità e i tempi di uscita dalla situazione contingente.

Rielaborazione R&P su fonte www.euribor-rates.eu

Immagine “Varying Effectiveness of Mitigation and Adaptation Strategies

Credits © 2021 ENVIRONMENTAL GRAPHITI. ALL RIGHTS RESERVED.


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Dagli adeguati assetti organizzativi alle Linee guida EBA, indicazioni per nuove forme di advisory finanziaria.

L’aggiornamento dei criteri di valutazione del merito creditizio e gli obblighi in tema di manutenzione della qualità dei crediti, offrono l’occasione per far evolvere il dialogo tra imprese e sistema finanziario. In questo contesto, l’advisory finanziaria può svolgere un ruolo decisivo per accelerare il processo e consolidare le relazioni.


Le prescrizioni in tema di monitoraggio dei flussi di cassa prospettici previste dal nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza delle Imprese (“CCII”) presentano importanti collegamenti con le linee guida EBA in materia di concessione e monitoraggio dei prestiti (“Linee guida EBA”).

Il combinato disposto del CCII che obbliga le società a istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa e delle indicazioni desumibili dalle Linee guida EBA in tema di approccio alla valutazione del merito creditizio e manutenzione dei finanziamenti in essere, ha indotto un cambio di paradigma nel rapporto tra imprese e enti finanziatori.

Sebbene molte imprese percepiscano gli adeguati assetti organizzativi come un set di adempimenti che intercedono con le prassi aziendali e le banche stiano innovando i processi di misurazione della qualità del portafoglio crediti, il comparto dell’advisory finanziaria specialistica può partecipare ad entrambi i percorsi evolutivi, contribuendo ad accrescere l’efficacia delle informazioni fornite dalle imprese e trasferendo tali informazioni al sistema bancario in modo schematico e continuativo.     

Le imprese, a prescindere dalle dimensioni assolute, devono pertanto introdurre modelli di controllo di gestione e di previsione dei flussi di cassa, dotati di un livello di dettaglio proporzionato allo stato di salute aziendale, congruente al livello di complessità dei processi presidiati e coerente con le caratteristiche del mercato di riferimento in cui operano. Modelli già consolidati tra le aziende dotate di CFO interni ovvero che impiegano forme evolute di advisory finanziaria continuativa, in grado di scendere nel merito delle singole operazioni e monitorarne le evoluzioni. Tale approccio, costituisce una forma di accompagnamento sostanzialmente diversa dal supporto specifico per l’ottenimento di nuova finanza estemporaneo, tipico della finanza di relazioni.

Il mondo bancario è chiamato invece ad evolvere le modalità per la valutazione del merito creditizio adottando criteri e metriche proporzionati alla tipologia di clientela ed alle finalità delle operazioni e monitorare costantemente la qualità crediti, individuando la sussistenza, corrente e prospettica, delle condizioni per la sostenibilità del debito e la presenza di strumenti in grado di far emergere tempestivamente l’esigenza di interventi correttivi.

I dati storici cedono il passo ai modelli di previsione ed i sistemi di monitoraggio delle capacità di rimborso 

La parola d’ordine, sia per le imprese sia per le banche è quindi forward looking, ovvero i bilanci e le situazioni economico finanziarie a data recente restano la condizione necessaria per la valutazione del merito creditizio, ma le operazioni possono essere deliberate solo in presenza di modelli previsionali sottoposti ad aggiornamenti periodici che consentono la verifica nel tempo della capacità di restituzione.

Aggiornamenti condivisi con il sistema bancario, il quale, oltre ad essere facilitato nell’adempimento ‘’manutentivo’’ delle operazioni outstanding, diviene un reale partner finanziario sistematicamente aggiornato, pronto a valutare sia operazioni di crescita interna ed esterna sia ipotesi di rimodulazione e riscadenzamento di piani di ammortamento in essere. 

Evoluzione delle valutazioni di merito creditizio

Gli organismi vigilati sono chiamati quindi ad integrare concretamente le valutazioni basate sulle informazioni storiche, andamentali e reputazionali svolgendo accurati riscontri di merito sull’impresa richiedente, considerata singolarmente ovvero inquadrata nel gruppo di riferimento, e sull’operazione.  

Quelli che impropriamente vengono definiti aspetti qualitativi e che si sostanziano in dati e informazioni aggiuntive alle analisi automatizzate, fungendo attualmente da corollario alle valutazioni affidabilità, assumono un rilievo portante nelle Linee Guida EBA.

Il modello di business, la struttura organizzativa, le strategie di marketing, la qualità della filiera e la capacità della stessa di generare valore aggiunto, divengono pertanto momenti di analisi puntuali e decisive nell’iter istruttorio. Per consentire tali valutazioni, tuttavia, le proiezioni su cui misurare la capacità di rimborso e le dimensioni dell’operazione, devono basarsi su metriche comprensibili e riscontrabili con benchmark attendibili, adottando stress test ragionevoli commisurati alle probabili oscillazioni delle assumptions.

Per previsioni e analisi forward looking, non si intende quindi il semplice sviluppo lineare della generazione dei ricavi, dell’approvvigionamento dei fattori produttivi e dei flussi di cassa ad essi connessi, in genere impostato in modo inerziale, bensì un’analisi di scenario impostato su più variabili definite sulla base delle specificità aziendali, rese progressivamente più affidabili grazie a track record risalenti ed alla maturazione delle esperienze apprese.     

Dalle analisi di scenario, devono potersi leggere, e successivamente monitorare e governare, gli indici ed i valori chiave come: PD, PFN, Acid test, Free Cash Flow, Debt Service Coverage Ratio, Interest Coverage Ratio, ecc..

Per quanto riguarda la probabilità di default, risulta estremamente utile l’impiego di piattaforme, già sperimentato da tempo da R&P, che consentono il monitoraggio ed il confronto su base dati ampie e circostanziate che consentono di raffinare le analisi stand alone che restituiscono dati non confrontati con le medie e gli andamenti del settore di riferimento.

Dalla finanza di relazioni alle relazioni finanziare

La manutenzione della qualità del credito da parte del mondo bancario che eroga finanziamenti a breve e medio lungo termine, non può essere effettuata solo basandosi sulla lettura, per quanto evoluta ed assistita dall’Intelligenza Artificiale, dell’andamento dei flussi desumibile dai conto correnti e la Centrale dei rischi, ma necessita di modelli di pianificazione e monitoraggio. Modelli previsti dal CCII, ma che dovrebbero essere costruiti sulla base della consapevole e precisa volontà della governance e del management di instaurare un nuovo rapporto tra impresa e mondo finanziario e non come mero adempimento formale.

In questa ottica, per advisory finanziaria evoluta si intende un modello di accompagnamento rivolto ad imprese che beneficiano di finanziamenti da parte di terzi, le quali, a prescindere dalle dimensioni assolute e dalla complessità del contesto nel quale operano, si dotano di strumenti chiari ed attendibili, sottoposti ad aggiornamenti mensili e volontariamente trasferiti agli enti finanziatori, in una logica di trasparente compartecipazione al rischio di impresa.

Tale modello, consente di trasformare la manutenzione dei crediti, da adempimento passivo per il sistema bancario ad occasione per consolidare le relazioni tra banca e impresa, rafforzare la crescita reputazionale e creare nuove forme di partnership su cui pianificare sia strategie di crescita sia la condivisione di momenti di tensione temporanea ovvero strutturale, reperendo comunque, ed in ogni caso, le soluzioni più vantaggiose per le parti interessate.

Verso un nuovo modello di advisory finanziaria

L’adozione degli adeguati presidi organizzativi induce, quindi, al ripensamento dei modelli di pianificazione e controllo, ma come molti adempimenti vincolanti vengono percepiti come un onere che non genera un reale rendimento. Cambiando prospettiva, interpretando la qualità del monitoraggio delle previsioni come fattore qualificante e premiante nelle interlocuzioni con il sistema bancario, il set di informazioni da gestire assume un significato del tutto diverso e presenta, come risvolto tangibile, la crescita della qualità del credito e della reputazione aziendale verso il sistema finanziario.

R&P sta sperimentando con successo questo modello di monitoraggio basato su metriche definite ad hoc che consentono di assolvere agli oneri previsti dagli adeguati assetti organizzativi e, al contempo, di restituire indici di immediato impiego pratico, funzionali al monitoraggio della qualità dei crediti erogati dal sistema bancario.

L’onere introdotto dal CCII, nella nuova interpretazione adottata da R&P, diviene una leva per instaurare un dialogo continuo e non più estemporaneo tra sistema finanziario e le imprese, creando le condizioni sia per il consolidamento strutturale e qualificato delle relazioni sia per la mitigazione dei rischi e prevenzione delle crisi.

Immagine tratta da: © 2021 ENVIRONMENTAL GRAPHITI. ALL RIGHTS RESERVED.

Cover Trends in Extinction from Climate Change | by Alisa Singer – www.environmentalgraphiti.org – © 2018


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La probabilità di default a supporto degli adeguati assetti organizzativi

Gli indici di monitoraggio dello stato di salute aziendale da semplice output quantitativo a complessi strumenti di controllo della continuità aziendale.


Con l’approvazione del bilancio 2022 è richiesta la formale esplicitazione nella relazione di gestione dell’adozione o meno delle procedure previste dall’art. 2086 c.c. [1] e dell’art. 3, D. Lgs 14/2019, CCII.

L’art. 2086 c.c. prescrive, in capo all’imprenditore, l’obbligo di istituire e monitorarne il corretto funzionamento, e l’efficacia nel tempo, di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura ed alle dimensioni dell’impresa.

Il set di provvedimenti da adottare, sinteticamente definiti adeguati assetti organizzativi, ha come finalità ultima quella di far emergere in modo anticipato gli indizi di una possibile crisi e intercettare i fattori che possono arrecare pregiudizio alla continuità aziendale [2].

Secondo quanto indicato nella norma in vigore dal 15 luglio 2022, i provvedimenti sono idonei se gli output generati consentono di:

a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;

b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di crisi;

c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento […].

Costituiscono segnali predittivi di una situazione di crisi:

a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;

b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;

c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;

d) l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1 [3].

Il dettato normativo indica, al contempo, specifici parametri quantitativi determinabili mediante l’elaborazione periodica di indici non complessi ed un meno dettagliato obbligo di mettere a punto, ed adottare, sia appropriati indici predittivi di crisi aziendale sia un sistema di monitoraggio continuo della continuità aziendale.

Assolto agevolmente il vincolo della rilevazione mensile della situazione finanziaria secondo i valori suddetti ed aggiornato il test pratico, gli amministratori ed i sindaci devono inoltre costruire un sistema di rilevazione, analisi e sviluppo prospettico di dati ed informazioni idoneo a far emergere l’insorgere di una condizione di crisi latente.

Il legislatore, consapevole della complessità degli obblighi, precisa che l’introduzione degli adeguati presidi organizzativi dev’essere adottata tenendo conto delle “specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore” facendo dedurre che i modelli di calcolo preimpostati ed i software dedicati alla restituzione dei parametri chiave svolgono un’utile funzione di supporto, ma gli obblighi di sorveglianza richiedono valutazioni di altra portata.

Inquadramento del contesto, perimetro di analisi e KPI

Tener conto delle caratteristiche dell’impresa significa svolgere una preventiva analisi di contesto, propedeutica alla mappatura delle aree da attenzionare e la determinazione dei KPI specifici da sottoporre a monitoraggio periodico.

Per tracciare il perimetro all’interno del quale svolgere le attività di monitoraggio, amministratori e sindaci, devono tarare gli sforzi in modo appropriato, ovvero comprendere in fondo le peculiarità e le caratteristiche dell’impresa in questione.

Ciò al fine di adottare il corretto mix di strumenti e dare la giusta enfasi ad aspetti pertinenti con la storia dell’impresa, lo standing degli imprenditori, le competenze del management e delle risorse umane, evitando di adottare un rischioso approccio meccanico che risulterebbe inutilmente minuzioso in alcuni casi e pericolosamente superficiale in altri.

A titolo esemplificativo, si propongono alcune delle informazioni da raccogliere per la costruzione del modello, la definizione delle procedure di rilevazione e la determinazione dei KPI:

  • Governance, configurazione familiare, manageriale, ibrida, appartenenza a gruppi, solidità patrimoniale della proprietà.   
  • Modello organizzativo, presenza di competenze risalenti, stabilità degli organi amministrativi.
  • Dimensioni aziendali assolute e relative rispetto al mercato di riferimento, rispetto ai competitor.
  • Caratteristiche del business, andamento storico, congiunturale e prospettico della domanda.
  • Coerenza dei risultati e rispondenza delle previsioni rispetto ai piani industriali precedenti ed alla fase del ciclo di vita.
  • Quota di mercato, presenza di vantaggi competitivi difendibili e durevoli.
  • Presenza di procedure di rilevazione contabile ed extracontabile, livello di dettaglio ed attendibilità delle informazioni impiegate per le rilevazioni.  
  • Composizione aggregata delle fonti e degli impieghi.
  • Caratteristiche della filiera, concentrazione e granularità dei crediti e dei debiti commerciali, solvibilità dei clienti e solidità dei fornitori.
  • Struttura del debito, incidenza di finanziamenti bancari, sistema di garanzie esterne pubbliche o rilasciate da terzi.

Tali indicazioni, suffragate da una diagnosi preventiva e dalle valutazioni richieste caso per caso, consentono di formulare un quadro idoneo a definire gli specifici KPI predittivi dello stato di crisi e mappare le aree di rischio della continuità aziendale.  

La probabilità di default come indicatore sintetico di monitoraggio  

Creare le condizioni affinché il flusso informativo aziendale restituisca parametri aggiornati sull’andamento economico e finanziario non completi, tuttavia, gli obblighi posti dalla norma in capo ad amministratori e sindaci, i quali devono adottare gli strumenti più idonei affinché i creditori sociali non subiscano perdite evitabili inquanto prevedibili.

Se si escludono i casi nei quali le informazioni vengono volutamente alterate per occultare situazioni finanziarie e patrimoniali a danno dei creditori ovvero per fornire un quadro ingannevole della continuità aziendale, per determinare la capacità delle aziende di far fronte alle obbligazioni correnti, è possibile utilizzare come indicatore sintetico l’analisi del rischio di credito il rating e la probabilità di default (PD).

Senza scendere nei dettagli della metodologia di calcolo del rating [4] ciò che si intende proporre è l’adozione di procedure di misurazione del rischio basate su banche dati adeguatamente popolate. I nuovi modelli di valutazione e l’esperienza stratificatasi presso operatori specializzati, consente di confrontare il caso rappresentato da ciascuna azienda con gruppi omogenei ed impiegando parametri costantemente aggiornati.

Il modello di monitoraggio degli adeguati assetti organizzativi e l’introduzione di metriche basate sulle peculiarità aziendali ed il contesto di riferimento, può beneficiare del calcolo periodico del rating e della probabilità di default eseguito con modelli certificati ESMA.

Il procedimento, in sintesi, potrebbe essere il seguente:

  • Identificazione del perimetro di analisi e contestualizzazione delle aree da monitorare.
  • Creazione di un modello di calcolo che sviluppi le previsioni sulla base di dati di base coerenti ed aggiornati con cadenza mensile.
  • Acquisizione mensile della centrale dei rischi per le aziende che beneficiano di finanziamenti bancari e/o rilascino garanzie e dei dati relativi al portafoglio clienti e fornitori, laddove la concentrazione dei crediti e/o debiti rilevi ai fini della continuità aziendale.
  • Aggiornamento progressivo dell’andamento economico finanziario sulla base delle previsioni attese.
  • Popolamento di una piattaforma certificata per il calcolo del rating e rilevazione dell’andamento della probabilità di default.  

[1] Art. 2086 cc. “[…]. L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

[2] Principio Contabile OIC 11

[3] Art. 25-novies (Segnalazioni dei creditori pubblici qualificati).

[4] Mattia Ciprian – APPROCCIO MULTIDIMENSIONALE PER L’ANALISI DEL RISCHIO DI CREDITO | OpenstarTs (units.it)

Cover CORAL REEFS AT RISK

by Alisa Singer – www.environmentalgraphiti.org – © 2018

What’s Alarming

According to the report – Status of Coral Reefs of the World: 2020 – Global Coral Reef Monitoring Network/International Coral Reef Initiative, Executive Summary:  Global Coral Reef Monitoring Network/International:

“Coral reefs occur in more than 100 countries and territories and whilst they cover only 0.2% of the seafloor, they support at least 25% of marine species and underpin the safety, coastal protection, wellbeing, food and economic security of hundreds of millions of people. The value of goods and services provided by coral reefs is estimated at US$2.7 trillion per year, including US$36 billion in coral reef tourism. However, coral reefs are among the most vulnerable ecosystems on the planet to anthropogenic pressures, including global threats from climate change and ocean acidification, and local impacts from land-based pollution such as input of nutrients and sediments from agriculture, marine pollution, and overfishing and destructive fishing practices. Maintaining the integrity and resilience of coral reef ecosystems is essential for the wellbeing of tropical coastal communities worldwide, and a critical part of the solution for achieving the Sustainable Development Goals under the 2030 Agenda for Sustainable Development. …


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