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di Pasquale Russiello

La disciplina del piano attestato di risanamento previsto dall’art. 56 CCII accresce l’efficacia e perimetra gli ambiti di applicazione dello strumento di prevenzione della crisi, già presente nella Legge fallimentare all’articolo 67 comma 3 lettera d).

La nuova previsione indica con maggior dettaglio i requisiti ed il contenuto del piano, il cui tratto distintivo resta l’esclusione dal novero delle procedure concorsuali.

Lo strumento mantiene, dunque, una natura strettamente privatistica ed è finalizzato a favorire le negoziazioni con i creditori, prevenendo l’aggravamento di situazioni di crisi [1] latenti o conclamate e scongiurare l’insorgere di una condizione di insolvenza [2].

Presupposto oggettivo per l’adozione dello strumento è continuità aziendale, ovvero la presenza di uno stato di crisi perimetrato dal punto di vista strategico, determinabile in termini economico-finanziari e rimuovibile con un piano industriale concretamente attuabile.

Per quanto riguarda la tipologia di continuità, anche facendo riferimento a quanto riportato nella relazione accompagnatoria del Codice della crisi in cui si precisa che “il piano mira al risanamento dell’esposizione debitoria e al riequilibrio della situazione finanziaria ed è riservato quindi alle ipotesi di continuità aziendale”, si ritiene che non sussista alcuna preclusione alle ipotesi di continuità indiretta come soluzione alternativa alla continuità diretta.

Ambiti di applicazione e caratteristiche dello strumento

Il piano di ristrutturazione ex art. 56, ha un ambito di applicazione piuttosto contenuto, risultando efficace solo in quelle circostanze in cui la situazione di crisi appare concentrata nell’area finanziaria ed è risolvibile con l’intervento di un numero limitato di creditori. Il piano industriale svolge un ruolo indispensabile, ma in genere non sufficiente ad assicurare la ripresa della continuità aziendale, senza il tangibile e formale supporto dei creditori, attivamente coinvolti nella strategia di ristrutturazione.

Il piano diviene, pertanto, attuabile se è possibile sia determinare in modo puntuale l’ammontare del debito oggetto di ristrutturazione sia dimostrare che il perfezionamento degli accordi è in grado di agire sulla continuità aziendale con un approccio “off/on” consentendo la strutturale ripresa aziendale.

Le caratteristiche chiave dello strumento che si pone come forma di rimedio e prevenzione di situazioni liquidatorie, sono:

  • Il debitore mantiene sempre la titolarità del patrimonio aziendale e della gestione dell’impresa, in quanto il piano di risanamento è del tutto sottratto alla verifica dell’autorità giudiziaria.
  • Deve assicurare la continuità aziendale, in forma diretta o indiretta che va rafforzata, mediate la rimozione delle cause che pregiudicano l’equilibrio finanziario di breve e medio periodo.
  • Non è necessario il coinvolgimento dell’intero ceto creditorio, potendo essere perimetrato ai soli creditori strategici e/o di dimensioni tali da incidere sull’equilibrio di cassa.
  • Deve basarsi su un piano industriale costruito si investimenti con un basso coefficiente di rischio ed impatti concreti e misurabili con metriche attendibili e previsioni rientranti in range di oscillazione tali da consentire la “tenuta del piano” anche al verificarsi di perduranti scenari worst.
  • L’efficacia dell’attestazione può essere condizionata al verificarsi di uno o più eventi, risolvendo il frequente rischio di “riferimento circolare” che si verifica nei casi in cui uno o più creditori richiedono l’attestazione per dar corso alla transazione ed il professionista indipendente [3] si trova a dichiarare una fattibilità economica in assenza della preventiva formalizzazione degli accordi.
  • L’attestazione non prevede la fattibilità giuridica, tale obbligo, presente nella precedente formulazione, è stato esplicitamente rimosso concentrando l’attenzione su contenuti meramente aziendali [4].

Finalità protettive, tutele e limitazioni

La nuova normativa non ha stravolto le finalità protettive dello strumento che consistono nella salvaguardia da revocatoria ordinaria degli atti posti in essere in esecuzione del piano e l’esenzione dai reati di bancarotta e da revocatoria fallimentare.

Più precisamente, l’art. 166 CCII co 3. stabilisce che non sono soggetti all’azione revocatoria – lett. d) – “gli atti, i pagamenti effettuati e le garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano attestato di cui all’articolo 56 o di cui all’articolo 284 e in esso indicati. L’esclusione non opera in caso di dolo o colpa grave dell’attestatore o di dolo o colpa grave del debitore, quando il creditore ne era a conoscenza al momento del compimento dell’atto, del pagamento o della costituzione della garanzia. L’esclusione opera anche con riguardo all’azione revocatoria ordinaria.”.

L‘accordo di ristrutturazione, non prevede: (a) la moratoria automatica per il pagamento dei debiti;  (b) lo stralcio di debiti previdenziali ed erariali[5]; (c) l’adozione di misure protettive [6]; (d) la sospensione dell’efficacia delle norme societarie in tema di scioglimento e di ricapitalizzazione [7].

Forma e contenuti del Piano attestato

Il piano attestato deve rispettare i contenuti minimi previsti, va redatto secondo i più recenti principi di attestazione, di recente sottoposti alla pubblica consultazione [8] ed essere redatto in modo da risultare sistematico, coerente e attendibile per ristabilire l’equilibrio finanziario di breve e medio periodo e superare gli “stress test” individuati dall’attestatore, in base alle cause della crisi, dell’entità dei correttivi e la complessità del piano industriale sottostante.

Dal punto di vista formale, l’attestazione deve avere data certa, per quanto riguarda i contenuti, l’art. 56 prevede un’articolazione degli argomenti [9] che può essere adattata a seconda delle circostanze e deve, in ogni caso, prevedere una trattazione logica idonea alle finalità dello strumento.

L’iter da seguire per la redazione del Piano, si ritiene, debba partire dalle ragioni che hanno portato all’adozione di tale soluzione, ovvero confermare da subito la sussistenza delle condizioni di continuità aziendale e la perimetrazione dell’area di intervento del piano, indicando in premessa:

  • Le cause della crisi e le ragioni sottostanti al mantenimento e/o raggiungimento della continuità aziendale;
  • La tipologia di prosecuzione, ovvero se la gestione avviene in modalità diretta o indiretta;
  • La portata del piano intendendo per tale l’ammontare di debito oggetto di negoziazione e lo stato della trattativa [10].

Una volta descritti i presupposti, rappresentate le condizioni per la sussistenza della continuità e indicati i criteri alla base della determinazione dell’entità del piano, è opportuno presentare i flussi di cassa prospettici, prevedendo i range di oscillazione e dimostrando la tenuta del Piano nei vari scenari.

Per quanto riguarda il piano industriale, si ritiene che lo stesso costituisca un documento autonomo, essenziale ai fini dell’attestazione del piano che, tuttavia, deve estrarre gli elementi chiave, verificarne la coerenza con le variabili esterne, la congruenza tra le varie assumption interne, nonché la ragionevolezza delle proiezioni e degli impatti economico-finanziari.

Si tratta dunque di verifiche esterne che l’attestatore svolge sulla base delle informazioni disponibili e che non comprendono la concreta fattibilità essendo la stessa correlata ad interventi tecnico-gestionali, talvolta complessi, che richiedono competenze diverse da quelle meramente aziendalistiche ed economico-finanziarie.

Durata del piano e collegamento con le trattative con i creditori

Pur non essendo la durata del piano limitata ad uno specifico numero di anni, si ritiene che la stessa debba essere quanto meno pari all’entrata a regime del piano industriale ed al verificarsi delle condizioni che considerano rimosse le cause della crisi e raggiunta una condizione di continuità tale da ritenere superato il rischio di insolvenza.

Considerato che il piano ha come finalità principale, il supporto alla definizione di accordi con i creditori, formalizzando tempi e modalità di estinzione, l’attestazione può intervenire, dopo, durante o prima la definizione.

Laddove le trattative sono formalizzate, l’attestatore è chiamato a verificare che le condizioni previste negli atti negoziali siano idonee a riequilibrare la situazione economico-finanziaria della società, innescando il processo di ripresa che andrà consolidandosi con l’attuazione del piano industriale.   

In presenza di negoziazioni in corso, la fattibilità del piano deve intendersi sospensivamente condizionata al verificarsi di un evento futuro, quale appunto la firma degli accordi sottoposti all’attestatore nella versione preliminare. In tale circostanza, l’attestazione non è efficace, ma diviene tale solo a seguito della formalizzazione alle medesime condizioni previste nelle versioni oggetto di negoziazione.

Conferma del trattamento non deteriore rispetto alla liquidazione giudiziale.

Fermo restando che lo strumento esclude accordi su debiti fiscali e contributivi, è possibile che tra i creditori figurino uno o più enti o soggetti a controllo pubblico. In queste circostanze, dovendosi prevedere un atto deliberativo da parte di responsabili chiamati a valutare una riduzione delle entrate, sebbene non sia prevista una specifica attestazione [11], si ritiene ragionevole che il creditore richieda una specifica attestazione dalla quale si evinca che la proposta di soddisfacimento del creditore è conveniente rispetto alla liquidazione giudiziale.    

______________________

[1]  Ex art. 2 CCII lett. a) si definisce stato di crisi: “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.

[2] Ex art. 2 CCII lett. b) si definisce stato di insolvenza: “lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.

[3] Ex art. 2 CCII lett. o) professionista indipendente (art. 2 CCII lett. o)).

[4] Pur essendo stata eliminata qualunque verifica preliminare di fattibilità giuridica da parte di un professionista terzo, non essendo previsto alcun controllo del Tribunale, onde evitare l’emergere di criticità di natura giuridica nel corso del piano di risanamento, nei casi in cui vi sia una pluralità di creditori e l’entità della crisi sia di difficile perimetrazione, appare utile menzionare nel piano quanto meno i rischi di natura legale che possono pregiudicare l’attuazione del piano, consultandosi con i legali che assistono il debitore.  

[5] Ex artt. 63 e 88 CCII.

[6] Ex art. 54 CCII.

[7] Ex art. 64 CCII.

[8] Comunicazione di apertura della pubblica consultazione

[9] L’elenco riportato nell’art.56 prevede “la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa; le principali cause della crisi; le strategie d’intervento e i tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria; i creditori e l’ammontare dei crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative, nonché’ l’elenco dei creditori estranei, con l’indicazione delle risorse destinate all’integrale soddisfacimento dei loro crediti alla data di scadenza; gli apporti di finanza nuova; i tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificarne la realizzazione, nonché gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto; il piano industriale e l’evidenziazione dei suoi effetti sul piano finanziario.

[10] Lo strumento, in genere, prevede write-off  di una parte dei crediti e non sono l’allungamento delle scadenze, nel qual caso è attuabile anche l’Accordo di moratoria Ex art. 62 CCII.

[11] Ex art. 88 CCII comma 2.“L’attestazione del professionista indipendente, relativamente ai crediti tributari e contributivi, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale e, nel concordato in continuità aziendale, la sussistenza di un trattamento non deteriore”.

Pasquale Russiello, laureato in Economia e Gestione delle Imprese alla Federico II è Cultore della materia “Corporate Governance all’Università del Sannio” è iscritto all’Ordine dei Dottori Commercialisti di Napoli dal 1997 e Revisore contabile dal 1999. Ha collaborato con Dresdner Bank e Barclays Bank per la creazione e gestione di…


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