Finanziamenti garantiti dai crediti fiscali come strumento di rilancio e prevenzione delle crisi.
L’operazione “Bonus edilizi” progettata per dare un impulso al PIL, generare crescita dell’occupazione immediata e gettito fiscale, per le aziende che non riescono a collocare sul mercato i crediti fiscali in bilancio, rischia di trasformarsi in una inedita causa di crisi, con effetti potenzialmente sistemici.
La riscontrata assenza di un mercato efficiente sul quale collocare bonus edilizi sta provocando un blocco a catena dei flussi di circolante e, per le aziende che trovano acquirenti, un rischio di shock patrimoniale, generato dalle condizioni speculative cui vengono perfezionate le vendite dei crediti.
Al centro della tempesta creata dai Bonus edilizi, si trovano le aziende, non adeguatamente strutturate sotto il profilo patrimoniale e finanziario, che hanno incamerato appalti e sviluppato fatturati molto superiori agli anni precedenti. Per quelle aziende, la cessione dei crediti al di sotto di un determinato prezzo, può non essere sostenibile e richiedere un preventivo intervento sul patrimonio, talvolta non in grado di assorbire la perdita dovuta dal prezzo di collocamento.
Dalla verifica su un campione significativo di cessioni, perfezionate a condizioni giustificate solo dall’eccesso di offerta rispetto alla domanda [1], è emerso che il differenziale tra il valore di libro e il prezzo in valore assoluto, risultava spesso superiore al patrimonio netto del cedente.
Questo aspetto, se può essere considerato marginale nelle operazioni tra privati, assume un rilievo meno trascurabile quando l’acquisto viene è stato perfezionato da operatori vigilati.
Sebbene l’operazione di acquisto crediti possa essere considerata atipica e non classificabile come erogazione di credito, è altrettanto vero che il sistema bancario che ha sottoposto l’acquisto a due diligence capillari, durate anche più di sei mesi, avrebbe potuto verificare la sostenibilità dell’operazione di acquisto con la situazione patrimoniale del cedente. Nei casi in cui il prezzo di vendita comporti un’alterazione del DSCR, tale da porre l’impresa in una condizione di squilibrio finanziario a breve, la cessione potrebbe arrivare a provocare la perdita di continuità aziendale.
Le cessioni perfezionate ad un prezzo al sotto di determinati parametri ‘’soggettivi’’, rischiano infatti di configurarsi come causa di crisi volontaria, certa e prevedibile, ancorché indotta da condizioni di mercato sfavorevoli e dall’assenza di forme di smobilizzo alternative.
Composizione dei fabbisogni e prevenzione della crisi
Le imprese di costruzione che hanno avviato lavori di entità superiore alla propria capacità di sostenere finanziariamente il ciclo del circolante e di assorbire con il proprio patrimonio il margine per l’acquirente dei crediti, decidono l’opzione sell, invece di hold nella quasi totalità dei casi perché hanno accumulato debiti correnti non dilazionabili verso i propri fornitori.
Ciò significa che, in presenza di una linea di credito che consenta di smaltire lo stock di debito accumulato, si potrebbe rimettere in equilibrio il circolante, evitare lo shock patrimoniale e prevenire il rischio di crisi.
La linea di credito erogabile a tutte le aziende con fatturati prospettici attendibili, potrebbe avere le seguenti caratteristiche:
- Periodo di ammortamento identico alla tipologia di bonus in portafoglio;
- Divieto da parte del beneficiario di cedere a terzi diversi dalla banca finanziatrice i crediti fiscali oggetto di finanziamento, anche impiegando l’istituto del “Pegno non possessorio” di recente introduzione;
- Servizio del debito assicurato dalla compensazione dei debiti fiscali per tutto il periodo di ammortamento;
- Opzione da parte del debitore di rimborsare una quota massima pari al 20% del capitale residuo mediante trasferimento di una quota del credito al soggetto finanziatore, per compensare eventuali cali di capacità fiscale nel periodo di ammortamento.
A questi elementi, introducibili a discrezione da parte del sistema bancario, potrebbe aggiungersi, un intervento pubblico finalizzato a favorire questa tipologia di finanziamento, mediante:
- L’innalzamento della percentuale di copertura del Fondo Centrale di garanzia oppure da SACE[1], fino al 100% nei casi in cui le aziende presentino una percentuale di crediti fiscali maggiore o uguale i debiti a breve;
- Il mancato conteggio delle garanzie destinate ai pagamenti della filiera edile ai fini del massimale previsto dal Fondo;
- Un cofinanziamento al 50% da parte di CDP, adottando una soluzione analoga a quella prevista per i Fondi Rotativi per le Imprese.
Tali interventi, applicati ad una linea di finanziamento ordinario, potrebbero far sì che lo strumento Bonus edilizi, da leva per la crescita non si trasformi in un una sorta di incaglio antropico causato dall’eccesso di offerta di crediti fiscali rispetto alla domanda.
Circostanza indotta dalla introduzione di uno strumento finanziario sperimentale, non assistito da un’adeguata valutazione ex ante e che sta configurando un inedita situazione di “market failure” indotta da un provvedimento normativo.
[1] Può essere sufficiente modificare l’articolo 9 comma 4 quater dl 176/2022 (convertito con legge 6/2023) introducendo tra i beneficiari tutte le aziende che hanno crediti fiscali in cassetto e l’art.15 della Legge 91/2022, portando le percentuali di garanzia per le aziende di cui al punto precedente al 100% dell’ammontare del finanziamento, la cui provvista è destinata: (i) al pagamento dei debiti verso fornitori scaduti e da scadere; (ii) all’estinzione anticipata di debiti bancari contratti per la copertura del circolante, ed aventi durata inferiore al periodo di utilizzo dei crediti fiscali.Images by Alisa Singer – Environmental Graphiti®
Key Risks of Climate Change for North America
North America – Risk Assessment — Environmental Graphiti
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[1] Costituita dalle poche aziende dotate di capacità fiscale pluriennale ed operatori finanziari interessati allo strumento i quali hanno agito per conto proprio o di propri clienti.