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Gli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento come soluzione per la ristrutturazione di finanziamenti agevolati scaduti.

Il susseguirsi di eventi esterni che impattano sul normale andamento dei mercati, ha comportato una serie di shock sulle situazioni finanziarie di molte imprese che necessitano di forme di supporto strutturali.

Tra le difficoltà con le quali occorre confrontarsi, si rileva la presenza di molte società che hanno beneficiato di finanziamenti agevolati ottenuti mediante partecipazione a bandi indetti a livello nazionale o regionale e che presentano difficoltà nel rispetto dei tempi di rimborso. I finanziamenti agevolati, riconducibili alla famiglia dei fondi SIE e degli altri fondi di sviluppo europei, hanno un minimo comun denominatore nella rilevata presenza di fallimenti di mercato [1], ovvero nell’esistenza di un mismatch tra l’offerta di capitali e la domanda di nuova finanza, promossa da aziende di tutte le dimensioni ed operanti nei vari settori, di volta in volta, ritenuti ammissibili.

Riprendendo la terminologia del Regolamento UE 1303/2013, si evidenzia che gli incentivi erogati con fondi di investimento e sviluppo europei, si configurano come soluzioni sub-ottimali destinate a colmare un vuoto creato dall’assenza di offerte a condizioni di mercato.

La presenza di un contributo pubblico, riconosciuto mediante finanziamenti diretti, contributi in conto interesse e garanzie, fa assumere, pertanto, una diversa natura a tali tipologie di esposizioni che, se, in senso lato, possono essere assimilate ai debiti verso il pubblico, dall’altro hanno una genesi del tutto diversa, in quanto generati nell’ambito di programmi di crescita e sviluppo ed erogati in presenza di un market failure.

In considerazione della natura dei debiti, dei requisiti soggettivi dei debitori e delle finalità dei prestiti, si ritiene che gli stessi possano essere ristrutturati, purché l’azienda abbia contezza della natura della crisi, disponga di un piano industriale e fornisca dati attendibili sulle previsioni economico finanziarie, traducibili in un piano attestato redatto ai sensi dell’art. 56 del nuovo Codice della Crisi (CCII) [2].

Tale opzione, consente al soggetto gestore di:

Avere un quadro attendibile e certificato della composizione del debito, evidenziando il peso dei finanziamenti agevolati sull’esposizione complessiva.

Far emergere l’entità, la natura dello stato di crisi e la sussistenza dei requisiti per una ripresa della continuità aziendale.

Prevedere l’impatto che potrebbe avere l’inasprimento delle azioni di recupero sullo stato di crisi e sugli altri creditori sociali, ovvero valutare il rischio che la crisi dilaghi, provocando un “effetto domino” su altre aziende collegate al debitore.

Lo strumento proposto, rappresenta un concreto caso applicativo della rescue culture, ovvero della volontà del legislatore europeo di facilitare nelle forme possibili il salvataggio di aziende, in particolare di quelle già considerate meritevoli di un supporto agevolativo, sebbene di altra natura.

Adottando un generale, ma strutturato, approccio alle politiche di recupero gestite caso per caso, i gestori di risorse pubbliche, consentono ai casi di emergere tempestivamente, evitando di incorre negli inadempimenti previsti dal monitoraggio degli adeguati presidi organizzativi ed offrono l’opportunità di mitigare l’aggravarsi di crisi reversibili, prevenendone l’evoluzione in stato di insolvenza di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) o b) CCII [3].

Ciò premesso, si individuano alcune delle caratteristiche che dovrebbe contenere un piano di risanamento redatto con il fine specifico di ristrutturare debiti contratti nell’ambito di programmi di agevolazione [2].

Caratteristiche del piano di risanamento per la ristrutturazione di debiti finanziari scaduti.

Il piano di risanamento per la ristrutturazione di debiti derivanti da finanziamenti agevolati, oltre ad essere redatto, ai sensi art. 56, a cura di un esperto [4] , dovrebbe fornire alcune informazioni essenziali, quali, ad esempio:

  1. La composizione dei debiti che deve prevedere un’incidenza rilevante del finanziamento agevolato rispetto al passivo complessivo, o comunque evidenziare un peso tale da pregiudicare, in caso di escussione, la possibilità di recupero della continuità aziendale.
  2. Un approfondimento di dettaglio sull’esposizione della Beneficiaria, indicando la granularità ovvero la concentrazione dei debiti verso il personale ed altri fornitori di micro o piccole dimensioni che potrebbero subire in effetto contagio dall’aggravarsi della crisi.
  3. Una diagnosi accurata della natura e le cause della crisi che deve descrivere la presenza di fattori esterni e la possibilità di rimuovere gli elementi che hanno comportato l’insorgere o l’aggravarsi della situazione attuale.  
  4. La nuova finanza che i soci devono impegnarsi a conferire ovvero la rinuncia al rimborso di eventuali finanziamenti pregressi se presenti, in misura comunque non inferiore al debito oggetto di ristrutturazione. In particolare, in caso di write-off della sorta capitale e/o interessi i
  5. La presenza di forme di incentivazione del capitale umano, favorendo l’ingresso nel capitale del personale mediante il rilascio di stock options ovvero identificando programmi Worker/Management Buyout.
[1] REGOLAMENTO (UE) N. 1303/2013 Art. 37 comma 2. “Il sostegno di strumenti finanziari è basato su una valutazione ex ante che abbia fornito evidenze sui fallimenti del mercato o condizioni di investimento subottimali, nonché sul livello e sugli ambiti stimati della necessità di investimenti pubblici, compresi i tipi di strumenti finanziari da sostenere.  [2] Art. 56 – D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza “1. L’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza può predisporre un piano, rivolto ai creditori, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria. [3] Art. 2, comma 1 D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza-  ‘’a) «crisi»: lo stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate; b) «insolvenza»: lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni’’ [4] Art. 2, comma 1 lettera o) D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza-   “il professionista incaricato dal debitore nell’ambito di una delle procedure di regolazione della crisi di impresa che soddisfi congiuntamente i seguenti requisiti: 1) essere iscritto all’albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese, nonché nel registro dei revisori legali; 2) essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del codice civile; 3) non essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di regolazione della crisi da rapporti di natura personale o professionale; il professionista ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell’impresa, né aver posseduto partecipazione in essa”,

CLIMATE CHANGE MITIGATION AND UNSUSTAINABILITY GOALS

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