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I piani di risanamento ex art.56 CCII per la conversione dei debiti in quasi equity

Ipotesi di risanamento stragiudiziale mediante compartecipazione dei fornitori strategici e conversione in Strumenti Finanziari Partecipativi dei debiti fiscali, contributivi e bancari.

Pasquale Russiello

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Le considerazioni che seguono, muovono dal risultato del primo semestre 2025 pubblicato da Unioncamere sull’andamento delle istanze presentate a valere sulla Composizione Negoziata della Crisi (CNC).

Se da un lato si assiste ad una forte crescita degli accessi – 905 domande contro le 410 del 2024-, dall’altro, il complemento a cento del tasso di successo indicato nel 22,5%, evidenzia la presenza di oltre 700 aziende, di cui non si ha contezza.

Rielaborazione R&P su dati Infocamere.

La maggiore quantità di ricorsi a misure di regolazione della crisi, pur registrando un tasso di successo di un caso su quattro, consente di accrescere i case study riguardanti i tentativi di risanamento e di rodare i nuovi strumenti, evolvendo le capacità di diagnosi e facendo emergere aree di miglioramento potenzialmente sperimentabili.

Dal nostro osservatorio, abbiamo individuato alcune delle cause che hanno pregiudicato la definizione di accordi nell’ambito della CNC, generando il 77,5% di procedure chiuse senza esito, identificando una possibile “tappa” nel processo di risanamento.

L’ipotesi prospettata è stata definita nell’ambito del seguente framework:

Da cui derivano alcuni aspetti chiave che inducono alle seguenti riflessioni:

  1. Tempi ridotti e contingentati imposti all’esperto nominato per la gestione della procedura: l’advisor è chiamato ad analizzare documentazione non sempre centrata e piani di risanamento approssimativi redatti sotto pressione e dettati dall’urgenza di ottenere le misure protettive.
  2. Diagnosi da riscontrare con dati esterni e benchmark attendibili: la narrazione del percorso che ha portato allo stato di crisi a cura del management, per quanto redatta con l’ausilio di professionisti esperti, richiede riscontri oggettivi non sempre agevoli ed ottenibili in presenza di una pressione sui tempi. Trattandosi spesso di MPMI a governance familiare la cui rappresentazione delle cause e le proposte di risanamento sono frutto di desiderata prodotte dal medesimo team e contesto che hanno sperimentato la crisi stessa, tali ipotesi necessitano di più livelli di controllo e verifiche circostanziate.
  3. Focalizzazione sulla situazione “as is: le procedure partono da una ricostruzione minuziosa del passivo e basano la rilevazione dello stato di salute sul giudizio istantaneo delegato ad un “test”. Atteso che i valori con cui si alimenta l’indicatore hanno spesso la medesima qualità delle informazioni impiegate per la predisposizione degli adeguati assetti organizzativi, ne deriva che anche il test necessita di un’accurata ponderazione, prima di essere assunto quale base per le successive valutazioni.
  4. Impatto sulle relazioni con il sistema bancario: l’apertura della procedure richiede la revisione della pratica e la riclassificazione della posizione1. In considerazione della elevata presenza di garanzie statali, l’interesse della banca ad aderire alla proposta è correlata direttamente al rischio di revoca della garanzia e dall’altro inversamente correlata allo stato di avanzamento del piano di ammortamento.
  5. I fornitori e gli altri creditori chirografari: non hanno grandi chance di prendere parte al processo di negoziazione se non preventivamente aggiornati della fase dello stato di crisi, latente o conclamata. Informando in anticipo e basando le valutazioni su dati qualificati i creditori strategici, è possibile ottenere un approccio hand-in al risanamento, in particolare dai fornitori strategici, prevedendo forme di partecipazione ai risultati economico finanziari post risanamento.

In considerazione di quanto su esposto, atteso che se l’azienda non è in grado di far fronte ad impegni finanziari contratti e/o essenziali al mantenimento della continuità aziendale, occorre dar corso senza indugio alla delibera notarile è possibile verificare in via stragiudiziale la possibilità di definire accordi con i creditori, attività che può essere svolta nell’ambito della predisposizione di un piano attestato di risanamento ex art.56 CCII.

Fase che si aggiunge, senza precludere, il ricorso ai percorsi più complessi e di natura giudiziale di gestione della crisi.

Nella fase di interlocuzione con il ceto creditorio, opportunamente classificato ed aggiornato sulle attività in corso, si rende possibile ed utile valutare forme di conversione dei crediti in Strumenti Finanziari Partecipativi, soluzione estremamente flessibile che consente di reperire soluzioni innovative, meno penalizzanti per i creditori e ben funzionali all’immediato ripristino della continuità con ripresa delle attività in condizioni ordinarie, con impatti nulli o mitigati sul sistema.

L’avvio del piano di risanamento ex art. 56 CCII, consiste di fatto nell’apertura di una data room permanente con il ceto creditorio, coinvolto sin dalla fase di early warning della crisi e si sviluppa mediante le seguenti fasi:

Autodiagnosi, meglio se assistita da parte di esperti della crisi, del livello di severità della crisi, effettuata mediante predisposizione dei flussi prospettici con scenari standard e worst.

Avvio del percorso di risanamento su base stragiudiziale, confermando la volontà dell’impresa di pervenire ad un “Accordo in esecuzione di un piano attestato di risanamento” si palesa da subito ai creditori più esposti ed ai fornitori strategici la volontà di porre rimedio alla situazione di crisi, rendendo meno urgente la richiesta di misure protettive.

Perimetrazione e dimensionamento del piano, identificazione delle misure necessarie per non disperdere l’avviamento e pregiudicare ulteriormente la continuità, quantificazione del fabbisogno a breve e medio termine, recuperabilità del ciclo finanziario mediante riscadenzamento ovvero necessità di richiedere write off.

Individuazione dei portatori d’interesse e dei fornitori strategici che, da soggetti penalizzati ed a rischio domino, divengono protagonisti dei processi di risanamento, contribuendo fattivamente alla protezione del valore aziendale ed alla ripresa della capacità di generare flussi di cassa nel medio periodo.

Stesura del piano attestato di risanamento, man mano che le negoziazioni procedono le soluzioni prospettate vengono recepite nel piano che in tempi stretti può essere ultimato ed attestato da un professionista indipendente. La possibilità di subordinare l’efficacia dell’attestazione alla formalizzazione degli accordi, consente ai creditori di “deliberare” l’adesione su un piano redatto nell’ambito di un istituto previsto dal CCII.

Estensione della proposta di accordo ai creditori pubblici

La procedura suindicata si ritiene possa prevedere il fattivo coinvolgimento dei creditori erariali e contributivi, potendosi proporre, in alternativa al cram down, anche per i crediti pubblici la conversione in Strumenti Finanziari Partecipativi (SFP) dotati di specifici diritti patrimoniali ed amministrativi.

L’ipotesi si ritiene percorribile in presenza di condizioni di natura soggettiva: il management con il consenso dei titolari effettivi che chiede la ristrutturazione del debito non deve aver scientemente contribuito ad originare e/o aggravare lo stato difficoltà.

Ed altre condizioni di natura oggettiva:

  • Gli strumenti di monitoraggio sono idonei sia per confermare la diagnosi della crisi sia per definire scenari circostanziati e con storicità dimostrabile.
  • Le cause della crisi sono state rilevate, quali ad esempio le dinamiche che hanno riguardato il settore dell’automotive, il crollo della domanda dell’abbigliamento di lusso, l’impennata dei costi del caffè verde indotta da blocchi di talune tratte marittime, le filiere produttive soggette a dazi in cui non è immediatamente possibile scaricare sui prezzi di vendita i maggiori costi di approvvigionamento.
  • Presenza di un valore aziendale, stimato adottando metodologie condivise e criteri ad hoc nei casi più particolari, ovvero che esista un dimostrabile avviamento2, asset materiali ed immateriali non obsoleti e soprattutto che l’azienda disponga di un capitale umano, fornitori o altri operatori della filiera interessati alla continuità aziendale e disponibile a facilitare il piano di risanamento;
  • Rapporti con sistema bancario non sono degenerati, ovvero sussistono margini per formulare proposte basate su accordi innovativi, primo su tutto la conversione del debito fiscale e contributivo in SFP.

La soluzione prospettata, oltre ad avere il vantaggio di rimanere in ambito stragiudiziale con conseguente possibilità di disporre di tempi meno stringenti, richiede un minor costo di spese professionali, di procedura, ma soprattutto contempla il rischio di impatti sulla filiera sistematicamente ignorati dalle altre soluzioni giudiziali che prevedono spesso write-off penalizzanti per le imprese creditrici classificate come chirografarie e che sono di fatto esposte ad effetto domino [>].

Esiste un tema legato agli aiuti di Stato3, in questa sede ci si limita ad evidenziare che l’intervento proposto: (a) deve risultare necessario e giustificato dall’impossibilità da parte dei soci di apportare la nuova finanza ovvero di reperire finanziamenti sul mercato; (b) deve prevedere il divieto di distribuzione dei dividendi fino all’exit della componente pubblica.

Predisposizione di piani di risanamento sperimentali

Al fine di rendere immediatamente verificabile la fattibilità dello strumento, in quanto advisor impegnati nell’assistenza di diverse operazioni di prevenzione e gestione della crisi, abbiamo proposto alcuni piani di risanamento che prevedono la conversione di debiti erariali in Strumenti Finanziari Partecipativi attribuiti ai creditori pubblici, al sistema bancario ed a tutti i creditori interessati al salvataggio ed al mantenimento della continuità aziendale.

La struttura delle operazioni di risanamento basate sull”adozione di SFP a favore anche dei creditori pubblici, è la seguente:

  1. Il perimetro giuridico in cui viene effettuata è l’accordo di ristrutturazione ex art.56 con efficacia subordinata all’accettazione da parte dei creditori coinvolti nell’operazione. La proposta dovrebbe prevedere il partecipe coinvolgimento dei key people se presenti e del personale proponendo ad entrambi, ove possibile, la compartecipazione al capitale.
  2. La determinazione del valore pre money, viene effettuata con una delle metodologie adottate nel private equity, consentendo un range temporale ampio per il risanamento analogo a quello previsto per la Quinques – 10 anni- ma con esborsi asimmetrici, senza rischio di perdita di beneficio del termine, se vengono rispettate le altre condizioni previste e che, a seconda delle dimensioni, della natura e della portata della crisi, può essere esteso a 15 anni.
  3. I diritti patrimoniali attribuiti agli strumentisti, prevedono un rendimento pari al maggior valore tra un minimo garantito pari al tasso di interesse riconosciuto dallo Stato italiano ai detentori di obbligazioni di durata pari al piano di risanamento4 e la distribuzione di utili o rilevazione di plusvalenze in sede di exit.
  4. I diritti amministrativi agli strumentisti, prevedono per il detentore pubblico:

    • la nomina, in base all’entità della conversione, di uno o più membri dell’organo di controllo, selezionati dall’albo degli esperti della crisi;
    • in caso di mancata indicazione da parte degli Enti creditori o soggetti dagli stessi delegati, la società sottoposta a piano di risanamento chiederà di indicare il nominativo all’Ordine di Dottori commercialisti del Tribunale in cui la società ha il proprio centro principale di interessi;
    • la possibilità di trasferire a proprie società partecipate o di cedere lo SFP in qualunque momento a condizioni di mercato senza alcun diritto di prelazione da parte degli altri soci e strumentisti.

  5. Nel caso in cui l’azienda perda per qualunque ragione la continuità per eventi non riconducibili alla mala gestio, certificati dall’organo di controllo, si prevede l’esenzione dall’azione di responsabilità già prevista dall’art. 56 CCII e l’accesso al concordato semplificato.
  6. Al verificarsi delle condizioni di ripresa della continuità aziendale e sancita l’uscita dallo stato di crisi, l’organo amministrativo, informando l’organo di controllo, da corso a tutte le procedure per facilitare la liquidazione dello SFP, tra cui dematerializzazione delle quote5 ovvero dando corso alla procedura di Just listing6.

Vantaggi rispetto alla Rottamazione quinques

Lo strumento di conversione proposto si pone in parallelo con la Rottamazione quinques con cui condivide alcune analogie. Il distinguo sostanziale sta nella trasformazione del debito verso l’Erario in “quasi equity” da estinguere in un arco temporale anche più lungo mediante conversione in SFP, rilasciando al creditore pubblico, o enti dallo stesso indicati [8]7, diritti amministrativi che aumentano la qualità del credito.

Infine, mentre il piano di ammortamento della Quinques appesantisce il DSCR ed impatta sulla Posizione Finanziaria Netta ed assorbe cassa prospettica rendendo molte aziende con piani di rottamazione in corso non bancabili, la conversione libera cash flow, contribuisce alla patrimonializzazione e crea le condizioni per l’ottenimento di nuova finanza anche dal sistema bancario.

Tale approccio è stato sintetizzato in un modello di gestione proattivo e semplificato, schematizzato nel seguente flusso.

Per condividerne l’impostazione e fornire contributi sull’adozione dello strumento: office@russiello.com

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Clean Electricity Costs

2035 The Report: June 2020, Goldman School of Public Policy, University of California Berkeley, Gridlab, Energy Innovation, Paulos Analysis.

Authors: Amol Phadke, Umed Paliwal, Nikit Abhyankar, Taylor McNair, Ben Paulos, David Wooley, Ric O’Connell.

View the report: 2035report.com




Gli Strumenti Finanziari Partecipativi come soluzione nelle ristrutturazioni aziendali

Strategie di conversione di debiti in quasi equity per supportare piani di risanamento di aziende con prospettive di medio e lungo periodo.

Francesco Borgia

Gli Strumenti Finanziari Partecipativi (SFP) sono titoli introdotti nell’ordinamento italiano sin dalla riforma del diritto societario del 2003[1], dotati di diritti patrimoniali quali la partecipazione ad utili, riserve o al residuo attivo di liquidazione e, di diritti amministrativi, tra cui la nomina di amministratori, organi controllo.

Nel contesto delle operazioni di ristrutturazione del debito, gli SFP sono stati adottati per soddisfare i creditori e ricapitalizzare l’azienda in crisi [2], fornendo opzioni flessibili e innovative che hanno consentito di ottenere risultati non raggiungibili con soluzioni ordinarie.

Gli SFP nelle operazioni di ristrutturazione vengono in genere attribuiti mediante conversione di crediti, anche di natura finanziaria, soluzione che genera tre benefici immediati:

  1. Riduzione dell’indebitamento inquanto il credito viene estinto e “sostituito” dall’SFP;
  2. Rafforzamento del patrimonio netto, gli SFP, se strutturati come quasi-equity, possono essere imputati in specifiche riserve di patrimonio netto;
  3. Identificazione dei “Creditori strategici” concretamente coinvolti nel buon esito del piano di risanamento.

L’azienda che intende affrontare un percorso di ristrutturazione, può mitigare l’impatto sul patrimonio netto di perdite pregresse o emergenti nell’ambito dell’attuazione del piano, riducendo l’entità delle eventuali ricapitalizzazioni ex artt. 2446-2447 c.c., dal lato dei creditori, la conversione di crediti in SFP consente di acquisire titoli dotati di diritti agli utili e/o alle plusvalenze connesse alla crescita di valore dell’impresa, prospettando scenari di realizzo anche significativamente superiori, rispetto alla liquidazione del credito tarata in base alla quota attribuita in sede di ristrutturazione.

In considerazione della duttilità dello strumento, al fine di rappresentare i margini di applicabilità, è stata svolta una ricerca su casi applicati da aziende italiane che hanno sperimentato tale soluzione a supporto di processi di risanamento.

L’assegnazione di SFP ai creditori nell’ambito di piani di risanamento costituisce una datio in solutum, ossia un adempimento alternativo delle obbligazioni concordatarie che estingue i debiti al momento dell’attribuzione;pertanto, il creditore si intende soddisfatto nel momento in cui avviene la conversione in titoli dotati di diritto di rimborso tramite i proventi futuri generati secondo il piano.

L’alea sul rimborso effettivo degli SFP, ovvero il rischio che nell’ipotesi di scenario ‘’worst’’, i proventi futuri risultino insufficienti a pagare integralmente gli strumenti ottenuti, va considerata quale elemento intrinseco di tale forma di soddisfazione e ricade sui creditori beneficiari, i quali però hanno modo di tutelarsi esprimendo voto contrario al piano o opponendosi all’omologa se ritengono la proposta sconveniente.(senza titolo)

Questo rischio non incide sul giudizio di fattibilità da parte del Tribunale, essendo lo stesso chiamato a verificare la sola attribuzione degli SFP e non a garantire la futura ‘’exit’’ degli strumentisti. Il Tribunale deve solo verificare che gli SFP non siano manifestamente privi di utilità ab origine presentando una qualche prospettiva di valore economico, ma non può respingere un piano per indeterminatezza del rischio degli SFP che ricade interamente in capo ai creditori, cui spetta ogni valutazione in tal senso.

  • In definitiva, la “pronuncia romana” conferma che il concordato può assegnare SFP come soddisfazione dei crediti, trattandoli alla stregua di strumenti sostitutivi del denaro. Finché gli SFP offrono una potenziale utilità economica (ad es. diritto a futuri utili o attivi di liquidazione) non nulla, la proposta è ammissibile, e i creditori decidono se accettarla o meno assumendosi il rischio d’impresa insito negli SFP. Questo orientamento giurisprudenziale, in linea con la disciplina del nuovo Codice della Crisi d’Impresa (art. 85 e 87 CCII), conferisce certezza all’utilizzo degli SFP nelle soluzioni concordatarie innovative.

Casi di aziende italiane che hanno utilizzato SFP nei processi di ristrutturazione

Caso Ferroli S.p.A. (2015) – Accordo di ristrutturazione con banche e investitori

Ferroli, gruppo veronese produttore di caldaie e climatizzatori, con circa 450 mln di fatturato e 3.000, attraversa a partire dal 2015, una grave crisi finanziaria. Nel mese di giugno dello stesso anno, la società accede a un concordato preventivo con riserva, nell’ambito di tale procedura viene definito un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis L.F. tra due investitori professionali, Ferroli e il ceto bancario che ha partecipato all’operazione consolidando parte del proprio indebitamento e convertendone un’altra parte in strumenti finanziari partecipativi a copertura perdite successivamente ceduti agli investitori per la conversione in azioni.

Struttura dell’operazione con SFP

L’operazione, tra le prime ad impiegare gli SFP nell’ambito di un accordo di ristrutturazione, ha previsto un apporto di nuova finanza dagli investitori (circa 61 Mln) destinata a sostenere la continuità aziendale diretta e l’attuazione del piano industriale reso possibile grazie al supporto delle banche finanziatrici le quali hanno: (a) consolidato una parte dei propri crediti rimodulando le scadenze), (b) trasformato una parte del credito in Strumenti Finanziari Partecipativi destinati a copertura perdite, e (c) ceduto la residua parte di credito agli investitori, i quali hanno convertito in azioni, acquisendo il controllo della società.

L’uso degli SFP ha consentito di: (i) ridurre l’indebitamento di Ferroli, convertendo debiti in strumenti partecipativi, (ii) coprire le perdite con gli SFP che hanno funzionato da capitale di rischio subordinato, e (iii) coinvolgere le banche nel futuro upside dell’azienda, allineandole all’obiettivo di rilancio.

La “waterfall” dei rendimenti pattuita tra le parti, disciplina, infine, la distribuzione dei proventi in caso di dismissione, conferendo diritti particolari agli investitori e alle banche in quali rientrano in via prioritaria dei propri investimenti in equity e debito ed un via subordinata agli azionisti la cui quota è stata diluita per effetto delle operazioni sul capitale.

ATAC S.p.A. (2017-2019) – Concordato preventivo in continuità con SFP ai creditori

ATAC, la società del trasporto pubblico di Roma con oltre 11.000 dipendenti, nel 2017 versa in uno stato di crisi conclamata da circa 1,35 Bn di debiti. La società controllata dal Comune di Roma ricorre nello stesso anno al concordato preventivo (ex art. 186-bis L.F.) per evitare il fallimento e garantire la continuità del servizio di trasporto. Il piano concordatario, presentato a inizio 2018, propone anche in questo caso l’adozione degli SFP come soluzione per soddisfare i creditori chirografari, consentendo di evitare l’interruzione del servizio.

Struttura dell’operazione con SFP

La composizione del debito ATAC, al momento dell’apertura dello stato di crisi, vedeva un’elevata incidenza di creditori chirografari (~€1,3 miliardi), sprovvisti di qualunque garanzia esterna. Il piano di risanamento in continuità diretta, ha previsto l’emissione a favore dei chirografari, di SFP dotati di diritti alla partecipazione ai futuri risultati economici della società, qualsiasi sia la futura configurazione del servizio di TPL decisa da Roma Capitale. Gli SFP emessi nell’ambito della procedura, assegnano ai creditori chirografari il diritto di beneficiare dei flussi generati dalla prosecuzione del servizio di trasporto sia che ATAC prosegua la gestione in-house, sia in caso di altre forme di affidamento a terzi.

I creditori divengono pertanto “partner strategici”, il rimborso avviene mediante canalizzazione dei proventi futuri dell’attività, distribuiti grazie ai diritti patrimoniali previsti negli SFP.

L’opzione offerta dagli SFP ha assicurato la continuità diretta, rinviando il pagamento dei creditori al recupero delle condizioni di redditività e di generazione di cassa, riducendo altresì la rilevazione di ingenti perdite sui creditori, con potenziale effetto domino. I creditori, accettando di posticipare il rientro dei rediti, correlati andamento delle performance aziendali, hanno: (a) mantenuto una prospettiva di recupero significativamente più elevata nel lungo periodo, rispetto a uno scenario liquidatorio; (b) condiviso l’eventuale upside in caso di senario best del piano di risanamento.

Bialetti Industrie S.p.A. (2019-2021) – Accordo di ristrutturazione del debito con conversione crediti in SFP

Bialetti, storico marchio italiano produttore di macchine per caffè, affronta negli anni 2018-2019 una pesante crisi finanziaria. Nel luglio 2019 la società, quotata a Piazza Affari, deposita un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis L.F. prevedendo il coinvolgimento attivo dei principali creditori finanziari.

Struttura dell’operazione con SFP

Il piano di Bialetti ha previsto dapprima l’acquisto di crediti vantati dal sistema bancario da parte di Illimity, concentrando l’esposizione in unico veicolo, l’apporto di nuova finanza prededucibile funzionale al mantenimento della continuità la conversione in una parte del debito acquisto in Strumenti Finanziari Partecipativi emessi da Bialetti.

La sottoscrizione di SFP convertibili in equity ed ottenuti mediante compensazione di crediti per circa 8 Mln, ha consentito di rafforzare il patrimonio netto di Bialetti, consentire l’immissione di nuova finanza in un contesto di fatto già ristrutturato dal punto di patrimoniale e di entrare nel capitale sociale con una ragionevole prospettiva di recuperare valore in funzione del rilancio dell’azienda tramite capital gain eventuali.

I creditori finanziari hanno pertanto aderito allo stralcio di crediti, ottenendo SFP dotati di un diritti patrimoniali in grado di assicurare un “rimbalzo” di valore, puntando ad ottenere anche in questo caso un upside una volta compiuto il risanamento.

Cooperativa Muratori & Cementisti (CMC) di Ravenna (2019-2020) – Concordato preventivo con SFP convertibili per i creditori

CMC di Ravenna, una delle principali cooperative italiane di costruzioni, nel 2018 si trova in grave difficoltà finanziaria con un indebitamento superiore a 1,4 Bn. La società deposita una domanda di concordato preventivo in continuità a fine 2018 presso il Tribunale di Ravenna.

Il piano concordatario, con oltre 11 mila creditori coinvolti, ha previsto la soddisfazione di alcuni creditori chirografari mediante strumenti finanziari piuttosto che con pagamento in denaro.

Struttura dell’operazione con SFP

Il piano CMC omologato nel 2020 prevede l’assegnazione ai creditori chirografari, obbligazionisti ed altri creditori sprovvisti di ogni garanzia esterna, in sede di omologa, di Strumenti Finanziari Partecipativi convertibili in obbligazioni della società stessa, di importo pari a circa il 20% del valore iniziale di ciascun credito non garantito.

Il regolamento di emissione degli SFP attribuisce ai creditori il diritto a pagamenti annuali derivanti dagli utili e dalle riserve della cooperativa, e conferisce la facoltà di convertire gli SFP in obbligazioni della società con scadenza a medio termine (Prestito Obbligazionario 2022-2026).

L’opzione di conversione in obbligazioni degli SFP ha reso l’operazione ancora più flessibile, consentendo ai creditori di uscire più agevolmente dall’operazione dismettendo titoli più agevolmente cedibili sul mercato.

L’assegnazione di SFP ha permesso a CMC di sostituire il 20% dei debiti chirografari con strumenti partecipativi, la cui obbligazione di rimborso è condizionata e posticipata, destinando la cassa disponibile nel breve periodo alla copertura delle spese funzionali alla continuità aziendale. Per i creditori, sebbene l’opzione SFP comporti un rischio legato alle performance aziendali, ha offerto la prospettiva un recupero ben superiore rispetto alla liquidazione, avendo i creditori un floor minimo e la convertibilità in obbligazioni, oltre alla chance di incassare fino al 20% dei loro crediti, mediante distribuzione di utili futuri e riserve.

Il Tribunale di Ravenna ha ritenuto ammissibile questa modalità di soddisfacimento, confermando che il piano di concordato che ha assicurato la continuità aziendale diretta, può prevedere l’assegnazione di SFP ai creditori come forma atipica di pagamento del debito, distribuendo il rischio d’impresa anche sui creditori finanziari, incentivandoli a supportare il risanamento.

Conclusioni

Gli Strumenti Finanziari Partecipativi hanno trovato applicazioni concrete e versatili nelle ristrutturazioni aziendali in Italia, sia in accordi stragiudiziali omologati sia in procedure concorsuali. I casi reali esaminati (industria manifatturiera, servizi pubblici, beni di consumo, costruzioni) mostrano che, pur in contesti diversi, l’utilizzo degli SFP risponde a esigenze comuni: ridurre il debito insostenibile, ricapitalizzare l’impresa in modo non convenzionale, e coinvolgere i creditori nel rischio d’impresa affinché supportino il risanamento. I benefici tangibili includono il ripristino degli equilibri di bilancio (evitando il default), la continuità aziendale (salvaguardia del valore d’impresa e dei livelli occupazionali), e una soddisfazione dei creditori più elevata di quanto ottenibile in liquidazione, grazie alla partecipazione ad eventuali futuri utili.

Contestualmente, le pronunce giurisprudenziali recenti confermano la legittimità di queste soluzioni, inquadrando l’attribuzione di SFP ai creditori come una modalità di pagamento alternativa pienamente consentita dalle norme sulla crisi d’impresa. Viene posto l’accento sulla responsabilizzazione dei creditori, chiamati a valutare la convenienza di diventare portatori di SFP invece di ricevere un pagamento immediato ridotto. Ciò sta contribuendo a creare una prassi consolidata, con linee guida sia contrattuali sia di mercato (si pensi alla quotazione di eventuali SFP o obbligazioni derivanti dalla loro conversione) e a ridurre l’incertezza per futuri casi.

Infine, la dottrina e gli studi accademici supportano l’idea che gli SFP possano fungere da “strumento ponte” tra il diritto societario e il diritto concorsuale, favorendo soluzioni innovative di crisi dove i confini tra capitale di rischio e credito si fanno più sfumati. Naturalmente, l’uso efficace degli SFP richiede accurata progettazione finanziaria e legale: occorre definire con chiarezza i diritti incorporati (priorità nei flussi di cassa, eventuali garanzie, governance), valutare gli effetti contabili/fiscali e assicurare trasparenza verso tutte le parti coinvolte. Quando tali condizioni sono soddisfatte, gli esempi portati suggeriscono che gli SFP possono offrire un potente strumento di ristrutturazione, capace di coniugare gli interessi di creditori e debitori verso l’obiettivo comune del risanamento d’impresa.

Per approfondimenti e condivisioni sull’argomento: office@russiello.com

[1] Concordato preventivo e strumenti finanziari partecipativi di Giulio Marconcin in Procedure concorsuali e Diritto fallimentare.

[1] La soddisfazione dei creditori per il tramite di strumenti finanziari – DB.

[3] Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24914  del 24/02/2021 | Il piano di concordato preventivo può prevedere l’assegnazione di strumenti finanziari partecipativi convertibili in obbligazioniiano di concordato preventivo può prevedere l’assegnazione di strumenti finanziari partecipativi convertibili in obbligazioni

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